
Parentele 22-24
Bestiario
Femminile Animale, 12 Azioni
Dopo l’edizione all women nel 2021, il festival internazionale di arti performative Natura Dèi Teatri attiva nel 2022 il percorso BESTIARIO | Femminile Animale, 12 AZIONI | PARENTELE per nuovi modelli performativi naturalculturali, ibridando filosofia, mitologia, scienze e arti. Nel triennio 2022_2024 dodici artist* e collettivi fra e più interessanti del panorama nazionale e internazionale verranno invitat* a co-produrre con gli e le artiste di Lenz 12 percorsi che indagheranno i temi dei ruoli di genere, antispecismo, ecofemminismo, superamento dei dualismi attraverso progetti articolati in residenze, produzioni, laboratori, seminari, presentazione spettacoli. L’ambito di studi di riferimento sarà il corpus teorico della filosofa americana Donna Haraway nella direzione dell’avvento del chthulucene, tramite la creazione di PARENTELE basate non sulla continuità biologica ma sul riconoscimento di affinità e differenze e possibilità di coesistenza.
In un periodo storico nel quale la definizione assume un’importanza rilevante e il significante è fondamentale per assicurare al significato garanzia di esistenza, visibilità e rappresentazione, Lenz si pone l’obiettivo di assicurare spazi di rappresentazione alle donne attive in ambito culturale, finalizzati alla condivisione delle parole e delle pratiche necessarie al proprio progetto di generazione di mondi nuovi. Lenz diventerà sempre più uno spazio fisico e intellettuale volto a dar forma ad apparenti utopie descritte da termini quali sostenibilità, equità, accessibilità, femminismo, transfemminismo, intercultura vs appropriazione culturale, medicina di genere, intersezionalità, attivismo, rigenerazione; apparenti utopie caratterizzate da una bontà d’azione che sta concretizzando realtà dell’immaginario in luoghi (fisici, sociali, virtuali) di comunità.
Bestiario 5
Dies Irae
Gloria Dorliguzzo [resistenza]
Residenza + Pratiche Laboratoriali 10>26 aprile
Sharing pubblico 25-26 aprile
Bestiario 5
Esaltazioni II _ Aulide
Valentina Barbarini [corpo]
Residenza maggio
Pratiche Laboratoriali (in fase di definizione)
Sharing pubblico 30-31 maggio
Bestiario 6
Dancing Babies
Lucia Perego [neonatalità]
Residenza settembre
Pratiche Laboratoriali (in fase di definizione)
Sharing pubblico 19-20 settembre
Bestiario 7
Fòro Fóro
Muna Mussie [decolonialità]
Residenza ottobre
Pratiche Laboratoriali (in fase di definizione)
Sharing pubblico 12-13 ottobre
Bestiario 1
Il linguaggio della notte
Annamaria Ajmone [antispecismo]
Residenza 9>15 + 16>22 maggio
Pratiche Laboratoriali 12>14 maggio
Sharing pubblico 18>21 maggio
Bestiario 2
Ritual II Embrace the darkness
Stefania ?Alos Pedretti [transfemminismo]
Residenza 27>30 giuno+ 1>17 luglio
Pratiche Laboratoriali 28>30 giugno
Sharing pubblico 12>15 luglio
Bestiario 3
Umano, disumano, postumano
Monica Barone [postumanesimo]
Residenza 2>15 luglio + 12>27 settembre
Pratiche Laboratoriali 3 maggio > 22 giugno
Sharing pubblico 28>29 settembre
Bestiario 4
The Critters Symposium
Jan Voxel Digital Art [digitalizzazione]
Residenza 11>13 + 19>25 ottobre
Concerto 14>15 ottobre
Pratiche Laboratoriali 19>28 ottobre
Sharing pubblico 26>28 ottobre
Annamaria Ajmone prosegue con Stella Succi, ricercatrice indipendente, il progetto sul tracciamento animale seguendo il sentiero della creazione La notte è il mio giorno preferito. Immaginata e realizzata con Natália Trejbalová (artista visiva), Stella Succi (ricercatrice), Giulia Pastore (light designer), Jules Goldsmith (costumista), Flora Yin-Wong (sound artist), l’opera nasce dal desiderio di esplorare il rapporto con l’altro. Un altro non umano, animale e vegetale, a cui si guarda non come a un paesaggio da conquistare e fotografare, in un’ottica turistica, ma come a un ecosistema nascosto, da co-abitare.
Per preparare lo spettacolo, il gruppo ha organizzato una residenza nei territori di Val d’Illiez e del Giura, in Svizzera: per relazionarsi con l’ambiente, sperimentando la pratica continua e notturna del tracciamento. Descritto da Baptiste Morizot all’interno del saggio Sulla pista animale, edito da nottetempo, il tracciamento è un esercizio per «attivare in sé i poteri di un corpo differente», attraversare il territorio, prendendo in prestito in senso non appropriativo il corpo e la prospettiva di un altro, che configura il mondo diversamente.
Il suo lavoro coreografico costringe chi guarda a muoversi e cambiare prospettiva, reagendo a stimoli fisici da lei lanciati. Ripropone, in chiave ‘antropologica’, il senso filosofico delle sue esplorazioni notturne svolte seguendo le piste animali nei boschi svizzeri, sotto la guida di ingegneri forestali. Avvistamenti notturni: quali sono le strategie che mette in atto la volpe? E il lupo? E noi animali non umani, possiamo imparare a ri-orientarci in un ambiente naturale, osservando l‘intelligenza animale?
Questi interrogativi saranno il corpus teorico attorno al quale si svilupperanno le serate di condivisione a Lenz. Il pubblico verrà accompagnato dentro una foresta notturna, simbolica e tecno-naturale, in cui sperimentare una nuova pedagogia dello sguardo, che chiede di decentrarsi rispetto alla visuale antropocentrica, di stare dentro al disorientamento, al senso di finitudine, infine, di sentirsi parte a tutti gli effetti della ‘natura’, allontanandosi – quindi – dall’idea di paesaggio come fondale dell’agire umano.
Nelle serate di giovedì 19, venerdì 20 e sabato 21 maggio apriremo al pubblico il teatro Lenz, con tre incontri che proveranno a seguire alcune tracce sottili de La notte è il mio giorno preferito, (dis)orientandosi in maniera libera e parziale tra le letture, Annamaria Ajmone e Stella Succi condivideranno i documenti visivi e sonori che sul sito dell’artista creano uno spazio interattivo tutto da esplorare [vai al sito].
Programma
Giovedì 19/05 | ore 21
Performing lecture, cioè la possibilità per chi partecipa di approfondire in rapporto diretto con l’artista e la ricercatrice i testi, i suoni e le visioni che hanno ispirato la traduzione scenica.
Venerdì 20/05 | ore 21
La foresta e gli incontri, il racconto della pratica di tracciamento animale in dialogo con Annamaria Ajmone, Stella Succi e Davide Persico, paleobiologo dall’Università degli Studi di Parma e Direttore del Museo di Storia Naturale dell’Università di Parma.
Sabato 21/05 | ore 18
Performance, Annamaria Ajmone conclude il percorso di residenza con una traduzione scenica ispirata al suo spettacolo La notte è il mio giorno preferito.













Ritual II Embrace the darkness
La ricerca di ?ALOS tesse insieme vari fili, pratiche che spesso sembrano molto lontane fra loro.
Nel suo percorso di ricerca la musica dal vivo è l’elemento centrale attraversato e riletto in ogni esibizione da una chiave performativa diversa e appropriata all’oggetto d’indagine.
Il suo lavoro trascende i confini fra le arti performative, integrando musica sperimentale, performance, improvvisazione, arte figurativa, istallazione e video/art, e ha l’obiettivo di coinvolgere attivamente il pubblico in uno spettacolo capace di far vivere una forte esperienza sensoriale.
Le sue performance e i suoi lavori artistici hanno sempre avuto come fulcro la lotta per lo sdoganamento e l’accettazione del diverso in chiave transfemminista queer.
La sua ricerca attuale si rivolge alla trasposizione in chiave contemporanea della drammaturgia del RITO, un’esplorazione del rapporto fra suono e natura, i cinque sensi che sono occasioni di studio, punti di accensione di progetti che incrociano le vibrazioni del suono con quelle del corpo, l’agire scenico con la performance vocale.
Il corpo è lo strumento espressivo, dai capelli alla pelle, dalla voce al respiro.
Il live è un Rituale, un’esperienza collettiva, un viaggio sonoro ed emozionale.
?Alos sente giunto il momento di andare oltre se stessa, facendo un passo indietro. Interrompere di nuovo la linearità del pensiero progettuale, cercando la strada che porta a comprendere il pensiero astratto, con sempre maggiore determinazione.
Non un sentiero di crescita personale, né una healing practice collettiva, e né la spiegazione accurata di una intuizione profonda, ma la messa in scena del pensiero astratto. Come distruggere il verbo? Gettandolo dentro la bocca di un vulcano, annegando le parole nell’ombra e nella marcescenza della proliferazione vegetale, gettandole nelle volute di fuoco nascoste dentro nuvole di fumo nero.
Scegliere luoghi per il valore simbolico della loro luce, iniziando così a lavorare su un rituale che è creato contemporaneamente ed in prossimità di un’eruzione vulcanica.
Perché, ricollegandosi alla semiotica del sogno, il vulcano ha una simbologia che incorpora i significati dei quattro elementi naturali fondamentali: il fuoco (il magma, la lava), l’aria (la profusione di gas, fumo e ceneri che proietta verso l’alto, in cielo), l’acqua (il vapore acqueo che espelle, nonché il fluire della lava lungo i fianchi) e la terra: il vulcano è la montagna che collega le profondità della Terra (inconscio) verso il cielo (pensiero cosciente).
Questo Ritual II si propone di “esplorare gli opposti, le due estremità del Tutto. Perché “everything – the light, the dark, the beauty, the pain – is perfect just as it is.“
Umano, disumano, postumano
creazione Monica Barone
disegno sonoro Andrea Azzali
produzione Lenz Fondazione
È il romanzo fantascientifico “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?” di Philip K. Dick a generare la riflessione comparata sulle forme di conoscenza alla base di “Umano, disumano, postumano” prima performance ideata e interpretata interamente da Monica Barone.
Il lavoro parte da una posizione critica alla gnoseologia, e in particolare all’epistemologia, con il suo implicito primato riconosciuto socialmente alla conoscenza scientifica, per suggerire come processo evolutivo la presa di coscienza di un’intelligenza ancestrale e profonda, precedente il binarismo natura-cultura.
Monica Barone attraversa il Corridoio del Rettorato bendata, in una dinamica puntellata da attese dense di tensioni e in una relazione dialettica con l’identità dello spazio, alla cui forte connotazione lei risponde per sottrazione e per contrapposizione, guidata dal disegno sonoro di Andrea Azzali, mescolanza elettronica di sonorità animali e ossee.
Come nella danza giapponese butō, il corpo di Monica Barone diventa strumento per ridefinire il paesaggio: volontariamente negata la vista, la performer mette alla prova la propriocezione, il senso di percezione interna del corpo nello spazio e nel tempo, attraversando l’intero passaggio celebrativo della scienza occidentale per arrivare a sbendarsi con l’ausilio di un paio di grandi corna di cervo.
Un gesto-climax, che introduce l’ingresso nelle Sale della Sistematica e degli Scheletri, segnando un cambio coreografico, scenografico e concettuale: i movimenti più rotondi e fluidi, posti su diversi livelli, echeggiano posture e comportamenti animali, la luce diminuisce progressivamente fino a illuminare solo gli scheletri di antiche creature, didatticamente ricomposti dal pensiero-guida a contrasto con la spinta tassonomica, indizio di volontà possessiva e controllante, e mosso dall’intenzione di evocare la dignità di forme intuitive di conoscenza.
The Critters Symposium. Bestiario di parole e immagini per l’era fossile.
Il progetto è inteso come un’ulteriore ramificazione/sviluppo di The Critters Room. L’obiettivo è quello di costruire un percorso di incontro/compresenza/germinazione fra il corpus di immagini degli abitanti invisibili dell’aria – i fantasmi dell’antropocene di The Critters Room – e le parole/le voci/i gesti di un gruppo di performer, artiste, studiose. Un “coro” che proponiamo di costruire nei prossimi mesi, in una call di sorellanza, immaginando insieme a Lenz la composizione, incontrando le persone (in presenza o – se non possibile – in remoto), offrendo e nutrendoci del loro offrire, scegliendo un corpus testuale che appartenga al DNA di The Critters Room e lasciando fiorire tutte le possibili ibridazioni.
Il corpus di immagini sarà elaborato da Jan Voxel e presentato sotto forma di video, un flusso responsivo in grado di stabilire una dinamica in tempo reale con il coro. Immaginiamo questo evento performativo di immagini e voci come laboratorio aperto, prima provvisoria sintesi del percorso svolto.
Una lista (indicativa) di autori di riferimento da cui trarre la partitura vocale: Donna Haraway, Matteo Meschiari, Ursula K. Le Guin, Andri Magnason, Anna Tsing, Timothy Morton, Antonella Anedda, e altri.
The Critters Room incarna una pratica amorevole di archiviazione fisica e digitale del particolato atmosferico (Critters, citando Donna Haraway). I protagonisti del progetto sono: l’archivio e la comunità.
L’archivio dei vetrini: un corpus di oltre 400 vetrini da microscopio che documentano nel tempo l’aria che respiriamo. Esponendo all’aria per 12/24 ore i vetrini, è stato possibile raccogliere “campioni”, dove si possono visualizzare i Critters, particelle impalpabili quali polline, frammenti vegetali, silicati, particelle metalliche e particolato atmosferico, il famoso PM10 e PM2,5, residuo non combusto di idrocarburo.
Questi sono i veri “Ghosts and Monsters of the Anthropocene”, creature allora-viventi che la presente era fossile riporta nell’aria, ad infestare (haunt) il nostro presente.
A condividere spazi e tempi con gli ora-viventi, obbligandoci a “stringere alleanze” (making kin) per stare a contatto – come dice Donna Haraway – con un pianeta danneggiato.
L’azione performativa è iniziata l’8 marzo 2020 (primo giorno di lockdown a seguito della pandemia da Covid-19) ed è ancora in corso.
L’archivio fotografico: ogni vetrino è stato fotografato con un banco ottico studiato apposta per lo smartphone. I due archivi (materico e fotografico) sono in progress e si arricchiscono grazie alle residenze (e ai cittadini debitamente “formati” che sono chiamati a raccogliere campioni di aria del proprio terrazzo) e alla community che Jan Voxel sta costruendo attorno al progetto.
L’archivio dei dati: file con i dati di rilevamento del particolato atmosferico pm10 e pm2,5. I file sono liberamente scaricabili dal sito sensor.community, il quale raccoglie i dati di tutte le centraline autocostruite per il controllo dell’aria installate nel mondo. Tali centraline sono da intendersi come dispositivi di citizen science, partecipazione e attivismo dal basso dei cittadini.
La comunità e il suo archivio sonoro: registrazioni ambientali e interviste raccolte durante le residenze, allo scopo di tenere in archivio quella molteplicità di soggetti umani (sociali) che si occupano a vario titolo di democrazia di base, di attivismo ambientale e di citizen science, uniti da pratiche di responsabilizzazione e stretti in una alleanza “contro l’inevitabile”.