Monica Barone

 

MONICA BARONE

Artista visivo, danzatrice, coreografa
La sua pratica parte da una ricerca sui temi del sacro, dell’esoterismo, dell’ontologia, dello specismo e antispecismo e sui processi della filogenesi. La sua danza tende a focalizzarsi sulla “persona” considerata nella sua totalità fisico-mentale-emotiva-energetica e sulle intelligenze connaturali del corpo, mirando a un’autenticità dei codici del movimento, e superare l’idea di assimilare e adattare il proprio corpo a linguaggi di danza codificati (da corpi “conformi”). La dinamica della sua danza nasce da ricerche sulla propriocezione interna del corpo nello spazio e nel tempo, in relazione all’esterno, utilizzando linguaggi di danza come la contact improvisation e la danza teatro.

Danzatrice con un corpo “non conforme”, con una disabilità fisica che impatta fortemente sulle realtà culturali e operative dello spettacolo, mette totalmente in discussione le pratiche di lavoro e di formazione della danza. Queste pratiche consolidate nella società di stampo abilista, sono da considerarsi pratiche disabilitanti perché insistono ancora su criteri che fanno apparire il corpo con disabilità un’ingombrante eccezione, dimenticandosi che l’arte non è statica, bensì un processo culturale in divenire e sempre più diversificato.

IPHIGENIA IN TAURIDE

Al centro dell’area scenica, sospese tra i rami metallici di piante meccaniche, si stagliano le corna della cerva sacrificata al posto di Iphigenia, il giorno in cui il padre – Agamennone – per propiziare la partenza delle navi alla volta di Troia, aveva deciso di sgozzare la figlia.

Sul fondo, pendente anch’essa da un tripode metallico, una colonna spezzata in due tronconi, memoria e presagio della rovina della casa paterna; una catena di morti violente ha infatti insanguinato la stirpe degli Atridi: Clitennestra, madre di Iphigenia, per vendicare la morte della figlia ha ucciso il marito, il figlio Oreste per vendicare la morte del padre ha ucciso la madre e, reso folle dalle Furie, vaga disperato alla ricerca della propria coscienza. In espiazione del delitto, spinto da Apollo approderà a Tauride con l’amico Pilade per rubare la statua di Diana custodita nel santuario e riportarla in Grecia per pacificare gli dei.

Dal luogo delle funzioni sacre al luogo della vita intima. A lato nella stanza di Iphigenia un giradischi suona l’omonima opera di Gluck – Iphigénie en Tauride – in una versione incisa su vinile registrata negli anni sessanta. Il cambio del disco scandisce il tracciato narrativo originario e il tempo poetico della vita di Iphigenia.

Su un piccolo altare, un freddo tagliere in acciaio, è posto un lavacro per eseguire i rituali di purificazione: su quell’altare Iphigenia, disobbedendo a leggi che ritiene ingiuste e disumane, non immolerà alcuna vittima, non compirà alcun sacrificio umano, ma con un rito intimo e segreto implorerà gli dei di ritornare libera e di essere felice. Di fronte al loro silenzio, confusa e angosciata, Iphigenia decide di osare un’azione audace e conquistare una nuova patria-corpo libera da vincoli sociali e religiosi.

Note biografiche

Lenz Fondazione | Maria Federica Maestri e Francesco Pititto
La storia artistica di Lenz è un incessante, continuo lavoro di indagine sul linguaggio contemporaneo. Nella prima fase del proprio percorso creativo Maria Federica Maestri e Francesco Pititto hanno attraversato le drammaturgie portanti della cultura occidentale, ritrascrivendone le pulsioni poetiche in azioni contemporanee. In una fase più recente gli artisti hanno messo al centro della propria poetica la ricerca visiva e plastica. L’azione performativa si incunea tra la scrittura per immagini e la creazione plastica dello spazio, che non ha più i limiti funzionali della scena ma tende ad essere un’installazione artistica vera e propria. La densità del lavoro performativo è simmetrica all’intensità, eccezionalità, unicità degli interpreti, non solo attori, ma reagenti artistici del testo creativo. Rimangono anche in questa fase recente, riferimenti a nuclei drammaturgici monumentali, ma vengono utilizzati come dispositivi grammaticali e non sintattici, non sottendono la forma della composizione.

Büchner, Hölderlin, Lenz, Kleist, Rilke, Dostoevskij, Majakovskij, Shakespeare, Goethe, Grimm, Andersen, Calderón de la Barca, Genet, Lorca, Bacchini, Ovidio, Virgilio, Manzoni, d’Annunzio, Ariosto, Dante, Euripide, Eschilo, Verdi, Gluck: questi gli autori che hanno segnato i progetti monografici e pluriennali di Lenz, a partire dal 1985. I recenti progetti di creazione performativa contemporanea sono il risultato artistico di un approfondito lavoro di ricerca visiva, filmica, spaziale, drammaturgica e sonora.

In una convergenza estetica tra fedeltà esegetica alla parola del testo, radicalità visiva della creazione filmica, originalità ed estremismo concettuale dell’installazione artistica, l’opera di Lenz riscrive in segniche visionarie tensioni filosofiche e inquietudini estetiche della contemporaneità.

Traduzione, riscrittura drammaturgica, imagoturgia delle opere sono di Francesco Pititto, che ne cura la regia insieme a Maria Federica Maestri. Le installazioni sceniche e i costumi sono realizzati da Maria Federica Maestri, segnalata dalla critica per il suo lavoro di “drammaturgia della materia”, per il sistema di segni visivi che costituiscono il suo personalissimo “design-acted”.

IPHIGENIA IN TAURIDE
Ich bin stumm (Io sono muta)

Da Johann Wolfgang Goethe e Christoph Willibald Gluck

Testo e imagoturgia | Francesco Pititto
Installazione, regia, costumi | Maria Federica Maestri
Interprete | Monica Barone
Notazioni coreografiche | Davide Rocchi

Cura | Elena Sorbi
Organizzazione | Ilaria Stocchi
Ufficio stampa, comunicazione | Elisa Barbieri
Diffusione, promozione | Alessandro Conti
Cura tecnica | Alice Scartapacchio
Media video | Doruntina Film
Assistente | Giulia Mangini

Produzione | Lenz Fondazione

con il patrocinio di Goethe-Institut Mailand

Durata | 45 minuti

trailer:

integrale:

versione site-specific al Cimitero Monumentale della Villetta di Parma:

Con un’accensione di sguardo vigorosa, Maestri e Pititto tracciano in una sola interprete una geografia di passioni assolute, non determinabili in un tempo storico, restituendo a una danza essenziale di gesti la sua dimensione rituale. (more)

Giuseppe Distefano, Exibart

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Se l’energia dell’attore, e dell’attore-sciamano, ha a che fare con stati psicofisici non quotidiani, qui abbiamo l’epifania di corpi che quell’energia incarnano spontaneamente e sono per questo in grado di scuotere teatralmente lo spettatore con la forza pura della sola presenza, naturalmente disciplinata e modellata in scena dalla relazione con la regista Maria Federica Maestri. (more)

Franco Acquaviva, Sipario

 

Accoglie lo spettatore una scenografia minimalista basata su una suggestiva sineddoche concettuale e visiva che crea un’ambientazione ibrida tra il sogno e l’ossessione. Le corna della cerva sacrificata al posto della donna oscillano come un monito agganciate a un sottile cavalletto meccanico e anche il tempio di Artemide è evocato da due colonne sospese a un analogo meccanismo. In un angolo lampeggia un misterioso altare su cui troneggia un lavacro trasparente, sacrale premonizione del rituale post moderno che si compirà nei successivi 45 minuti. (more)

Emanuela Zanon, Juliet Art Magazine

 

La danzatrice Monica Barone, la cui singolarità nella diversità è capace di diventare metafora della singolarità che fonda il nostro esserci di sentieri heideggerianamente segnati nella foresta, affronta il recupero di sé nei luoghi che hanno visto la frattura e la cesura con il mondo. È un ritorno in un mondo nuovo ma che, dentro di lei, è sempre esistito, inconsapevole forse,  ha da sempre bussato alla coscienza. Un percorso che ce la fa compagna, più che guida, perché i suoi passi, sovrapponendosi, diventino i nostri. (more)

Maria Dolores Pesce, dramma.it

 

L’Ifigenia di Lenz Fondazione ha una qualità che è forse definibile come “metafisica”. Le trasformazioni della donna non hanno luogo con i mezzi reali e concreti della parola o dell’azione. Ifigenia si trasforma sempre sprofondando dentro un’immagine e incarnando la visione sul suo corpo sensibile, che diventa così di colpo poetico e libero. (more)

Enrico Piergiacomi, Università degli studi di Trento

 

UMANO DISUMANO POSTUMANO

La prima performance interamente scritta e diretta da Monica Barone apre riflessioni sulle forme comparate di conoscenza, l’epistemologia del nostro tempo, sul primato riconosciuto alla scienza e sulla visione meccanicistica del corpo.

Il punto di partenza è la figura del sub-umano suggerita dal romanzo fantascientifico di Philip K. Dick Ma gli androidi sognano pecore elettriche? (1982). Una forma di sottuomo inumano sepolto da una materia residuale di vite obsolete. L’inumano ha capacità non comuni, oggi disattivate dalle istituzioni. L’inumano è alla deriva all’interno di un colonialismo disumano. Umano Disumano Postumano – Geosofie Sensibili vuole scardinare l’abitudine sociale di guardare alla disabilità attraverso il modello medico, mostrando la volontà di riscattare la sua natura umana.

«Perseguo il risveglio delle intelligenze profonde e connaturali, forme di conoscenza intuitiva, in modo da superare il pensiero binario antagonista e sperimentare un ampliamento degli orizzonti culturali. La possibilità di un umano a tutto tondo può essere raggiunta attraverso un’arte che produce nuove istanze e nuovi territori da esplorare.» M. Barone

 

Umano, Disumano, Postumano
Geosofie Sensibili

Creazione | Monica Barone

Performer | Valentina Barbarini, Monica Barone, Davide Tagliavini

Produzione | Lenz Fondazione _ Natura Dèi Teatri Festival

Cura | Elena Sorbi
Organizzazione | Ilaria Stocchi
Ufficio stampa, comunicazione | Elisa Barbieri
Diffusione, cura grafica, formazione | Alessandro Conti
Cura tecnica | Alice Scartapacchio
Assistente alla produzione | Giulia Mangini

Produzione | Lenz Fondazione

OVER GINA PANE

Potersi ispirare direttamente ad una delle artiste di riferimento del proprio percorso creativo è insieme trappola estetica e rifugio concettuale. Non cercherò di stare in equilibrio, ben bilanciata tra le parti, ma oscillerò in ‘partition’, divisa tra la memoria dolorosa delle sue ferite – il terrorismo sentimentale di Gina Pane – e la poesia del sacro forza generatrice di gioia delle sue ultime opere. Per cadere e rialzarsi saremo corpi multipli, esorciste e avventuriere del nostro mondo sommerso. La scena dedicata a Gina Pane non è la tela su cui dipingere di tinte cupe la ferita, ma lo spazio vivo in cui erigere il monumento al corpo non domato né sottomesso al proficuo funzionare del discriminante abilismo del nostro tempo.

Over Gina Pane_4 Azioni Sentimentali è una creazione performativa in cui la bellezza amara e dura inseguita da Gina Pane nella sua irriducibile pratica artistica, prende la forma incarnata e perturbante delle quattro performer: corpi lesi, corpi del disastro, corpi martiri, corpi santi sopravvissuti al nulla del dolore. In stretta concatenazione poetica e formale con la radicalità di Gina Pane questa nuova iconostasi di Lenz si fa rispecchiamento affettivo e poetico delle azioni estreme dell’artista della ferita, ‘senza cullarci nel suo ricordo, ma cercando di rinascere nelle gocce ossidate delle sue orme sanguinanti’.

Over Gina Pane_4 Azioni Sentimentali prende luogo-vita al centro delle immagini-Constatazioni, realizzate durante la performance del 1973 di Gina Pane avvenuta presso la galleria milanese Diagramma, intitolata appunto “Azione Sentimentale”, nella quale le azioni dell’artista metaforizzavano il dolore femminile come espressione di amore per l’umanità e la Natura.

Il simbolismo religioso del corpo lacerato come dono e della ferita come moltiplicazione della capacità sensoriale sono elementi di grande potere germinativo nella formazione e nella pratica artistica di Maestri, le cui 4 Azioni Sentimentali restituiscono come frutto di un’ispirazione, in un’eco non radiale, ma multiforme.

In un processo creativo di associazione e dissociazione a-gerarchica tra proposizioni psicologiche e formali, composto da commistioni e simultaneità, simmetrie e sinergie con l’opera di Gina Pane, Maria Federica Maestri traspone l’azione sentimentale originale in azione di ribellione, mettendo in dialogo, in questa prima performance, l’iconografia sacra del ‘Martirio di Sant’Apollonia’ sublime miniatura di Jean Fouquet (tratta dal ‘Libro d’Ore d’Etienne Chevalier’, compiuta tra il 1452 e il 1461) con il cortocircuito creato dalla corporeità slapstick di Buster Keaton, muto ‘Capro espiatorio’ (‘The Goat’ titolo di un suo film del 1921) e agnello sacrificale per antonomasia, figura mitica della storia cinema.
La simmetria tra la ricerca di Gina Pane sul corpo dei santi, caratteristica dell’ultima fase delle ‘Partition’ (opere ispirate a San Francesco, San Lorenzo, San Pietro, San Martino, San Giovanni) e il corpo-martire delle quattro interpreti restituisce al presente, in un pulsante capovolgimento concettuale, in un processo di trasposizione identitaria – Sant’Apollonia, Santa Dinfna, Sant’Agata, Santa Maria Egiziaca – la fisica reale delle ferite. La rilettura installativa dei santi di Gina Pane si trasmuta, nell’iconostasi di Maestri in riviviscenza performativa, ‘Via Dolorosa’ (titolo di un’opera di Gina Pane del 1988) da percorrere ‘qui e ora’ per ricongiungersi attraverso la verità delle proprie lesioni poetiche ed esistenziali al pensiero estetico e politico dell’artista.

Nell’Azione n.1 la presenza agente – la performer Monica Barone – istituisce una corrispondenza ‘inequivocabile’ con l’iconografia sacra, un autentico rispecchiamento con la figura di Apollonia (la santa a cui vengono strappati i denti), in assoluta coincidenza con il martirio personale subito. Tramite l’atto performativo rievocato e praticato dalla performer il corpo ferito si trasmuta in corpo rimarginato, liberato, risorto nel gesto amoroso del dono di sé al mondo in una nuova evidenza politica.
Per Barone, l’incontro con Gina Pane è un ritorno a un momento epifanico, nel quale l’artista era attiva soprattutto nel campo visivo: quel 2000 in cui il gallerista Luciano Inga-Pin, sostenitore tenace di Gina Pane, curò una mostra personale di Monica Barone alla Contemporary Art di Milano.

Con quest’opera ispirata a Gina Pane la mia ricerca contiene e indaga il dolore da una certa prospettiva: quella della cura, sia come strumento di controllo sociale, sia come espressione di autodeterminazione. Attingendo alla mia stessa storia clinica, ho scelto, nello specifico, di sviluppare l’azione performativa attorno all’inserimento del sondino naso-gastrico, come ribaltamento di una manovra subita in un gesto rituale, estetico e poetico, nel capovolgimento della violenza dell’alimentazione forzata in una presa di consapevolezza e potere. L’utilizzo di questo dispositivo medico, che al tempo stesso è un crocevia nel quale confluiscono memorie autobiografiche e significati simbolici universali, rappresenta la possibilità di andare oltre il dolore, come punto di arrivo o intento, per compiere un atto di riappropriazione di un sentimento di unità corpo-psiche.

 

Articolazione della s-Partizione n.1

La pergamena di cui è composta la miniatura materializza per forma e misura la tavola lignea su cui è legata la santa mentre viene martirizzata – le vengono cavati i denti con le tenaglie.
Il biancore del vestito di Apollonia si trasfonde sulla nuova tavola cartacea.
Alle spalle addossato alla parete un grande specchio della lunghezza della tavola in cui si riflettono gli spettatori in simmetria con le figure di sfondo della miniatura.

La tenaglia e un bicchiere di latte vengono disposti dalla Neosanta su un piccolo cubo di vetro. Il cubo offre delle metafore della realtà spaziale: il vuoto viene confinato nelle sue sei pareti, viene ordinato e piegato alle misure umane come in un tempio unitariano in cui sono predisposti gli attrezzi, gli strumenti e i paramenti necessari all’alimentazione ridesiderata.

Distruzione della possibilità di masticazione.
Mitografia dell’orifizio e compensazione visiva:
il bendaggio_mentoniera è memoria di martirio
e simulacro di perenne riparazione della ferita.

+ Azione reloaded
+ Azione sentimentale
+ Azione di ribellione
+ Azione in modus slapstick
+ Azione autonutrimento

Elementi della prima Azione Sentimentale ispirata a Sant’Apollonia: la maestria del dolore, la pertinacia del martirio, la tracotanza orgogliosa, la voluttà degli estremi, il delirio dell’estasi, lo sbeffeggiamento del carnefice.

Over Gina Pane
Azione sentimentale n.1

Creazione_Monica Barone, Maria Federica Maestri
Ideazione, installazione_Maria Federica Maestri
Performer in co-creazione_Monica Barone
Rifrazioni visive_Francesco Pititto
Cura progettuale e organizzativa_Elena Sorbi, Ilaria Stocchi
Cura allestitiva_Alice Scartapacchio, Giulia Mangini
Comunicazione, ufficio stampa_Elisa Barbieri
Diffusione, cura grafica, formazione_Alessandro Conti
Assistenti_Tiziana Cappella, Mattia Goldin
Documentazione fotografica_Elisa Morabito
Produzione_Lenz Fondazione

Progetto realizzato in collaborazione con:
Assessorato alla Cultura del Comune di Parma e Solares Fondazione delle Arti
Un ringraziamento particolare a Simona Tosini Pizzetti curatrice della mostra
‘Contemporanea. Capolavori dalle collezioni private di Parma’

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