HIPÓGRIFO VIOLENTO

Découpage performativo del capolavoro di Calderón de la Barca, Hipógrifo violento isola nello stesso spazio-tempo la vita ed il sogno, il reale e l’immaginario, la verità e la finzione, il trucco e lo svelamento, prendendo corpo nella doppia natura dell’Ippogrifo – cavallo e aquila insieme – trasfigurato dall’attrice simbolo di Lenz Sandra Soncini.

Il cavallo ribelle è animale mitologico simile a Pegaso metà cavallo metà uccello, lo stesso che nell’Orlando Furioso porterà Astolfo sulla luna. La violenza e la potenza del suo slancio sono senza limiti, in discesa giù da un monte. E sopra Rosaura che irrompe sulla scena. Hipógrifo violento,/che corri pari con il vento,/dove, raggio senza fiamma,/uccello senza gamma, /pesce senza squama,/e bruto senza istinto/naturale, al confuso labirinto/di queste rocce desnude/ti disfreni, ti slanci e ti disrupi?

Cosa rimane del fulmine se gli si toglie la sua fiamma, o di un uccello senza piume e colori? E cosa del pesce se lo si priva delle squame? o la bestia senza il suo istinto? La sua disarmonia si riflette nelle realtà, il caos è l’incipit di questo dramma. Così come il tuffarsi senza freni e senza ali, giù da un dirupo incurante del proprio peso e dell’impossibilità del volo. Come a sfidare la potenza divina. Come ad anticipare la sfida del protagonista Sigismondo prigioniero nella Torre, il confine ultimo di questa folle corsa. Sigismondo è anche lui, come l’ippogrifo, metà uomo e metà bestia pronto, una volta libero, a tuffarsi senza freni nel mondo reale.

Rosaura, scesa da cavallo, parlerà poi con le voci multiple dell’altro da sé – il principe Sigismondo – nel tentativo di ricomporre un affresco poetico che possa contenere il caos del mondo.

D’essere un enigma mi offro,/perché non sono ciò che sembro/né sembro ciò che sono.

 

Ogni lavoro impone una propria lingua, una specifica metodologia di approccio: non solo al testo, ma alla fisica scenica. La drammaturgia dei tre nuovi soli calderoniani – Altro stato, Hipógrifo violento, Flowers like stars? – è una rifrazione della biografia delle attrici. Il Solo indica, in un’opera vocale o strumentale, le parti affidate a una sola voce o a un solo strumento, e più ampiamente un atto performativo interpretato da un unico performer; in realtà se si pensa alla condizione di solitudine dell’artista in scena, questo aggettivo ci restituisce pienamente la misura esistenziale di questo processo creativo.

Il rapporto tra la nostra ricerca sulle opere di Calderón e la biografia delle interpreti è molto importante. Il teatro barocco è generalmente considerato un teatro di identità allegoriche: Uno rappresenta Tutti, la parabola dell’Uomo vale per l’intera Umanità. All’opposto nella nostra lettura di Calderón la funzione degli eroi negativi o ambiguamente positivi – quali Sigismodo, Rosaura, Clarino, Fenix, Fernando – esalta la debolezza, la vulnerabilità, i turbamenti di quelle figure, trasformandoli in soggetti disturbati e disturbanti.

Abbiamo scelto di dare corpo a questi tre soli modulando le vite dei personaggi ultra-femminili come una meta-biografia: raccontano già, in un futuro circolare, quello che queste tre interpreti hanno vissuto intimamente e artisticamente. Questi tre lavori raccontano tre biografie ma anche tre indissolubili unioni artistiche.

Sandra Soncini incarna un pezzo lunghissimo della nostra storia, una congiunzione artistica iniziata alla fine degli anni Ottanta: un periodo davvero lungo, intenso, con allontanamenti e ritorni. Questa oscillazione amorosa rafforza il senso di questo nostro nuovo lavoro, Hipógrifo violento: abbiamo lasciato l’accento in castigliano, per indicare già nel suono della prima parola-voce l’intenzione dinamica, il salto, lo strappo, il sussulto, il galoppo esistenziale dell’interprete/personaggio.

Sandra Soncini ha interpretato Rosaura ne La Vita è Sogno diciassette anni fa: questo Hipógrifo violento ha sicuramente memoria di quell’esperienza scenica, ma se ne ha sostanza estetica profondamente diversa. Hipógrifo violento non estrae semplicemente Rosaura dal contesto complessivo dell’opera – La Vita è Sogno – ma ne stratifica la dimensione testuale incuneando nel disegno drammaturgico le inflessioni dell’antagonista Sigismondo.

Francesco Pititto, che ne cura la drammaturgia, ha dato forma ad una personalità a ‘caselle’, a tessere, una figura-scacchiera, la cui presentia si manifesta come un mosaico di umori, di passioni e di impulsi contrastanti. Attraverso queste oscillazioni caratteriali abbiamo dato corpo psichico al nostro Hipógrifo, alla ricerca di una biografia scenica che ponesse in primo piano il cedimento esistenziale, l’identità instabile del soggetto nella contemporaneità.

In un intreccio di sequenze diverse e apparentemente scollegate, il cammino performativo dell’interprete è segnato da un’irrefrenabile pantoclastìa drammatica: da garrulo fantoccio travestita da uomo a bambino-burattino lacrimoso e violento, da maschietto immorale e onanista a femmina disforica e informe, da mistica in stato di alterazione a maschera androgina e grottesca.

Con la performer – Sandra Soncini – prevale una visione immediatamente fisica del lavoro, poiché il suo percorso artistico proviene dalla danza, ma si tramuta quasi improvvisamente, per una specie di miracolo estetico, in forte tensione verbale. Credo che in Italia siano pochissime attrici con queste caratteristiche. Sandra ha mescolato, senza sofferenza, le due anime di danzatrice e attrice: il lavoro nasce su di lei e con lei. Hipógrifo violento è nudo: non ha bisogno di apparati scenografici decorativi o di artifici tecnologici, ma si ostende in un’installazione strutturata in anonimi segmenti materici in ferro, che deformano e feriscono il ventre tenero di guanciali dalla mollezza biancastra e lardosa. Tra quei tratti plastici di vite/sogni interrotti si fa spazio il corpo umano impietoso, deforme, implacato e stridente.

Sandra Soncini inizia il suo percorso artistico come danzatrice, perfezionandosi con vari coreografi tra cui Carolyn Carlson, Teri Weikel, Michele Abbondanza, Fabrizio Monteverde. Dal 1986 al 1990 danza con la Compagnia Era Acquario diretta da Thierry Parmentier e Lucia Nicolussi Perego. Nel 1990 partecipa al progetto di Lenz Rifrazioni Danza dedicato a Satie e nel 1991 inizia la pratica teatrale con Lenz Rifrazioni Teatro. Contemporaneamente si dedica all’insegnamento della danza e alla coreografia. Nel 1995 coreografa Über das Marionettentheater. Saggio sul teatro delle Marionette, per il Laboratorio di Drammaturgia della Danza – Pratiche di Teatro e cura i movimenti coreografici delle produzioni di Lenz Rifrazioni La lotta dei ciechi col maiale e La famiglia Schroffenstein. Nel 2000 collabora con Franco Scaldati e Lenz Rifrazioni in Ur-Hamlet, in cui interpreta il ruolo di Ofelia. Nel progetto triennale dedicato al Faust di Goethe curato da Lenz Rifrazioni (2000_2002), interpreta il ruolo del protagonista, arrivando in fine a sintetizzare i tre anni di lavoro nel 2004 in Faust Memories, monologo con la regia di Maria Federica Maestri. Sempre nel 2004 è protagonista del monologo Fàbrica Negra da J. de la Cruz, regia di Francesco Pititto, col quale collabora anche alla messinscena di testi poetici di Bacchini, Eliot, Pound, Pascoli, Yeats, Rilke. Continua il rapporto con Lenz interpretando Catharina von Siena di J.M.R. Lenz, partecipando ai progetti sulle fiabe tratte dai Grimm (Biancaneve e Pollicino) e Andersen (Scarpette Rosse), alla ripresa dell’opera teatrale dedicata a Bruno Longhi e alla trilogia da Calderón de la Barca (2003_2006): La vita è sogno, Il Magico Prodigioso, Il principe costante. Nel 2006 approfondisce la poetica di J. de la Cruz con il monologo Canciones del alma sempre per la regia di F. Pititto. Nel 2008 debutta con la performance Io, tratta dalle Metamorfosi di Ovidio, regia di M.F. Maestri. Contemporaneamente inizia la collaborazione con la Compagnia Accademia degli Artefatti diretta da Fabrizio Arcuri, partecipando alla produzione di One Day e di Spara, trova il tesoro e ripeti di M. Ravenhill. Nel 2011 è interprete dell’episodio Sepoltura, il primo dei cinque capitoli performativi de L’Isola dei cani di Lenz e nello stesso anno partecipa alla nuova produzione di Accademia degli Artefatti Orazi e Curiazi di Brecht. Nel 2012 con Accademia degli Artefatti debutta con Sangue sul collo del gatto di R.M. Fassbinder e con Taking care of baby di D. Kelly. Nel 2013 diretta da M.F. Maestri reinterpreta il monologo Pentesilea di Kleist. Nel luglio 2014 presenta, con la regia di F. Arcuri, Sketches da FaustIn & Out di E. Jelinek, per poi debuttare nella versione completa con FaustIn and Out – sotto sopra dentro fuori il Faust di Goethe. Nel 2016 collabora con Lenz debuttando come protagonista nella messa in scena di Macbeth, da Shakespeare, insieme agli ospiti della REMS – ex Ospedali Psichiatrici Giudiziari – e partecipando ad Autodafé, installazione site-specific e performance ambientata nell’Ala Napoleonica dell’ex Carcere di San Francesco di Parma, commissionata dal Festival Verdi 2016, e Romeo and Juliet Concert, proposizione della compositrice Carla Delfrate, partitura per sole voci d’attrice. Nel 2017 è tra gli interpreti di Paradiso. Un Pezzo Sacro di M.F. Maestri e F. Pititto, commissione del Festival Verdi 2017 a partire dai Quattro Pezzi Sacri di G. Verdi, seconda parte di un progetto dedicato alla Divina Commedia di Dante Alighieri. Nel 2018 reinterpreta in una nuova versione il monologo ispirato alla figura di Faust, Faust Memories da Goethe per la regia di M.F. Maestri. Partecipa alla creazione site-specific Il Grande Teatro del Mondo, progetto di Lenz per il Complesso Monumentale della Pilotta in occasione dei 400 anni del Teatro Farnese di Parma. Interpreta nuovamente il ruolo di Lady Macbeth in Verdi Macbeth, opera scenica e musicale creata da Lenz su commissione speciale del Festival Verdi 2018. Nel 2019 partecipa al progetto Orestea, interpretando il ruolo di Clitennestra in Orestea #1 Nidi e Orestea #2 Latte per la regia di M.F. Maestri. Partecipa a La Vida es Sueño, auto sacramental di Calderón de la Barca, site-specific a cura di Lenz nell’Ala Nord della Galleria Nazionale del Complesso Monumentale della Pilotta di Parma.

HIPÓGRIFO VIOLENTO
da La vita è sogno di Pedro Calderón de la Barca

Traduzione, drammaturgia | Francesco Pititto
Regia, installazione, costumi | Maria Federica Maestri
Interprete | Sandra Soncini
Musica | Claudio Rocchetti
Cura e organizzazione | Elena Sorbi, Ilaria Stocchi
Ufficio stampa, comunicazione, promozione | Michele Pascarella
Cura tecnica | Alice Scartapacchio
Assistente tecnico | Marco Cavellini
Media Video | Doruntina Film
Produzione | Lenz Fondazione
Durata | 50 minuti

trailer:

integrale:

Una attività di espunzione e taglio, anche con frammenti in lingua originale, che ricorda certi travestimenti di Edoardo Sanguineti, anche per la totale libertà riconquistata al testo e nella sua piena messa a disposizione della scena [more].

Maria Dolores Pesce, Dramma.it

L’istinto è lasciato a briglie sciolte, l’ordine naturale delle cose è sovvertito da un continuo scambio di generi, attributi e qualità che rendono tangibile l’idea di un cosmo psichico che trae forza e nutrimento dal caos [more].

Emanuela Zanon, Juliet Art Magazine

Hipógrifo ha come scenografia una distesa di lunghi tubi innocenti (un topos della compagnia) tagliati e disposti su cuscini che ne ammorbidiscono il contatto con gli stativi, pure metallici, su cui posano, in un nitore estetico che ha la dignità di un’installazione [more].

Carlo Lei, Krapp’s Last Post

Cosa rimane della domanda cardine originale? Cosa è dunque la vita? Una danza di figure vulnerabili, inquietanti, passionali, impulsive, senza memoria, a cui resta sul volto una maschera di Morte, antica, tribale, con biacca, occhi neri di pece e labbra rosso sangue [more].

Francesca Ferrari, Teatropoli

 

 

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