ALTRO STATO

L’interrogazione del capolavoro calderoniano – Che cos’è la vita? – si arricchisce di un ulteriore e fondamentale enigma filosofico: Chi sono io?

In un continuo rispecchiamento testuale, la dualità classica della coppia drammatica dei personaggi principe/servo (Sigismondo/Clarino – il gracíoso/fool dei drammi barocchi spagnoli) viene sottratta alla sua elementare e semplificante verità sociologica.

La figura del grazioso di Calderón de la Barca si appropria dei versi di Sigismondo, sospesi tra realtà e finzione, ponendo se stesso nella medesima condizione umana del protagonista, sulla stessa soglia tra il vero e il sogno, passato e presente, immaginazione e realtà.

Costretti nell’unico corpo psichico della straordinaria attrice sensibile Barbara Voghera, già fool shakesperiano nel Verdi Re Lear di Lenz, principe e servo si inseguono alla ricerca di una sola identità con l’unica certezza che ‘non c’è via di scampo dalla forza del destino e dal crudele fato; così è dunque vano ogni gesto, se alla Morte vuoi sfuggire è sicuro che vai a morire’. 

Barbara Voghera fa parte dell’ensemble di Lenz dal 1999: una lunga inesauribile passione teatrale che ha maturato nel tempo risultati artistici straordinari.

Nel precedente storico allestimento de La vita è sogno (2003) interpretava il fool, Clarino, servo del principe Sigismondo, funzione scenica incorniciata in una dualità abbastanza convenzionale, simile a quella di Don Chisciotte e Sancho Panza: il principe smagrito e triste accompagnato dal servo buffo, grassottello e sempre affamato. In Altro stato vogliamo superare questa visione conservatrice della relazione servo-padrone, figurazione di una prevedibile dialettica sociale, per ricondurre la tensione di questa duplicità drammatica in un unico soggetto. In Barbara convivono – sempre in lotta – le due anime de La vita è sogno: la consapevolezza della tragedia senza scampo a cui è destinato l’Uomo e il desiderio di sottrarsi al dominio del reale dando forma ad un mondo rovesciato, liberato da leggi e regole, da convenzioni e imposizioni divine e statuali.

Questa oscillazione tra le due polarità etico-drammaturgiche è il campo interpretativo in cui l’attrice è immersa, in un bruciante rispecchiamento esistenziale: la condizione reale dell’alterazione cromosomica destina ad una oggettiva subalternità, ad una concreta sottrazione di potere, ad una minore possibilità di realizzazione del sé. A questa sorte – segnata da ‘una stella importuna’ (come quella di Fenix ne Il principe costante) Voghera contrappone una furia artistica sovversiva, una volontà di rivolta che non si assoggetta all’evidenza psico-fisica, bellezza e forza irriducibili versus l’arrogante violenza delle norme e delle convenzioni sociali.

Al tempo reale sostituisce il tempo sospeso del teatro e converte il mondo stretto della vita in un mondo largo e poetico, un Mondo Nuovo (Friedrich Hölderlin, La morte di Empedocle).

Il corpo sentimentale di Voghera instaura un’istantanea vicinanza emotiva, una fulminante alleanza psichica con lo spettatore: Barbara non si oppone all’essere vista per quello che è, ma sovrappone allo sguardo/schermo dello spettatore una potenza espressiva imprevista ed inimmaginata.

In discontinuità con l’Hamlet Solo, di cui è straordinaria interprete, Altro stato ci chiede di dare forma ad uno spazio-chiave e ad un modus recitandi molto diversi: al primo piano eroico di Amleto si sostituisce un campo lungo, uno spazio negato, una visione in controluce distanziante e antiretorica. La parziale sottrazione alla visione diretta riduce i diritti emotivi dello sguardo esterno. Alla manifestazione organica del duo Sigismondo/Clarino si sostituisce un contrappunto meccanico, alla presenza costante l’intermittenza dell’assenza, alla vita scenica la sua rappresentazione inanimata, al nitore del reale la pressione onirica dell’ombra.

Dal Sancho Panza di Cervantes al buon soldato Sc’vèik di Hašek. C’è una grande affinità tra il Clarino/Barbara di Calderón de la Barca e i due altri servitori caratterizzati da una medesima avversione ai comportamenti eccentrici dei rispettivi padroni, alla cui volontà sono costretti ad ubbidire. Entrambi vogliono sfuggire alla dura realtà della violenza, della guerra, della morte.

Se poi il secondo di questi (l’anti-soldato di Hašek, riletto in chiave pacifista e universale da Piscator e Brecht che lo porteranno in scena a Berlino con le marionette disegnate da Georg Grosz) diventa parvenza virtuale, sagoma onirica e imagoturgica per il gracioso/fool reale, tutto si sospende e riaffiora di prepotenza il tema cardine del libero arbitrio e della grazia; come per il ballerino di Kleist, in Über das Marionettentheater, al termine della sua comunicazione di estetica metafisica: ‘Noi vediamo che nella misura in cui nel mondo organico la riflessione si fa più debole e o scura, la grazia vi compare sempre più raggiante e imperiosa’.

Ecco allora che la vera marionetta Sc’vèik accompagna Clarino/Barbara sulla via dell’anima, entrambe impegnate nella ricerca del centro di gravità comune, unite in una danza meccanica e divina insieme. ‘Così si ritrova anche la grazia, dopo che la conoscenza, per così dire, ha traversato l’infinito; così che, nello stesso tempo, appare purissima in quella struttura umana che ha o nessuna o un’infinita coscienza, cioè nella marionetta, o in Dio’.

 

Barbara Voghera è protagonista dagli inizi del duemila di alcuni tra i più importanti progetti performativi di Lenz, figura centrale nella pluridecennale indagine di Maria Federica Maestri e Francesco Pititto sul rinnovamento della lingua scenica contemporanea attraverso il dialogo artistico con l’alterità.

Eccezionale interprete nelle varie stesure dell’Amleto (inserite nell’archivio internazionale Global Shakespeares del MIT – Massachussets Institute of Technology, autorevole riconoscimento della ricerca sull’attore sensibile di Lenz), è presenza poliforme nella trilogia dedicata al Faust di Goethe; straordinaria performer nella prima versione de La Vita è Sogno di Calderón de la Barca nel ruolo di Clarino, interpretazione oggetto di un seminario di studi nell’ambito del più importante Festival di teatro barocco spagnolo, sarà nuovamente in scena nell’allestimento site-specific presso il Complesso Monumentale della Pilotta per Parma 2020 | Capitale Italiana della Cultura.

Tra i numerosissimi altri ruoli interpretati in questi vent’anni di lavoro, vale segnalare almeno quelli di protagonista in Biancaneve e Pollicino nel Progetto Grimm (in tour nelle maggiori capitali europee) e in Consegnaci, bambina, i tuoi occhi tratto dall’opera di García Lorca Caperucita Roja; il Fool nell’opera Verdi Re Lear, commissione speciale del Festival Verdi 2015 e Bradamante nel progetto biennale site-specific ispirato all’Orlando Furioso di Ariosto. Nel 2019 è in scena al Teatro Farnese di Parma con Hamlet Solo, potente assolo in cui Voghera dà corpo e voce al capolavoro shakespeariano. Nel 2019 interpreta Oreste nell’Orestea #2 Latte di Eschilo.

 

ALTRO STATO 

da La vita è sogno di Pedro Calderón de la Barca
Traduzione, drammaturgia, imagoturgia | Francesco Pititto
Installazione, regia, costumi | Maria Federica Maestri
Interprete | Barbara Voghera
Musica | Claudio Rocchetti
Cura e organizzazione | Elena Sorbi, Ilaria Stocchi
Ufficio stampa, comunicazione, promozione | Michele Pascarella
Cura tecnica | Alice Scartapacchio
Produzione | Lenz Fondazione [durata 40’]

trailer:

integrale:

La sfida è dissolvere il cerchio teatrale. Non è operazione inedita, ma Lenz Fondazione lo fa con un rigore estremo. Con umanità (o come se riscrivesse il senso di ‘umanesimo’) [more].

Mario Da Santis, Huffington Post

Bellissime immagini saturate dalle luci, in cui le marionette diventano giganti e gli umani minuscoli, in una temporanea ma fantastica rivoluzione.

Elena Scolari, Hystrio

Partiture drammaturgiche e performative che si fanno “ponte” tra contrari: quello che, dalla visione velata di Barbara Voghera dietro uno schermo, porta la proiezione della sua ombra a farsi “dal vivo”; o che conduce l’attrice a “traghettarsi” in un doppio ruolo senza mai potersi spogliare del tutto del proprio costume, così muovendosi virtuosisticamente all’interno di un testo sospeso tra realtà e sogno e rimanendo persona, personaggio e marionetta “animata” da eroico furore [more].

Daniele Rizzo, Persinsala

Mentre Voghera interpreta tanto Sigismondo che si chiede se agisce in modo libero, quanto Clarino che crede nella libertà, lo spettatore vede rappresentato sullo sfondo una marionetta mossa da fili invisibili. L’attrice ne diventa essa stessa gradualmente una: l’invisibile si tramuta in visibile, la metafisica in fisica [more].

Enrico Piergiacomi, Teatro e Critica

La domanda tradizionale intorno alla vita, scivola qui con straordinaria sensibilità e naturalezza nella domanda intorno alla propria vita, alla propria soggettività, che proprio attraverso lo specchio ed il riflesso può trovare una dimensione paradossalmente più autentica […]Il corpo sentimentale in scena porta dunque su di sé vicinanza emotiva ed una capacità significante inconsueta. Uno spettacolo che si ribella alla cosiddetta realtà, questa sì falsa, per individuare la verità dell’immagine e dell’immaginato [more].

Maria Dolores Pesce, Dramma.it

Voghera scolpisce il testo, costruito sotto forma di scelta di versi dal dramma originale, frammentando la sintassi e riconfigurandone i nessi, distribuendolo su tessiture e con agogiche in perenne contrasto, spesso su un tono di tesa energia [more] .

Carlo Lei, Krapp’s Last Post

Il talento limpido, la maturità artistica e la piena dignità performativa della bravissima Voghera, attrice sensibile con sindrome di Down, conducono con verità e forza ad una comune indagine soggettiva, dove il perpetuo oscillare fra diverse personalità drammatiche (davvero stupefacente l’abilità dell’interprete nel calarsi in diverse figure dell’opera e nel colorare vocalmente questi passaggi), il costante contrapporsi fra ciò che è e ciò che appare (sullo schermo ma anche attraverso il richiamo semantico allusivo di alcuni oggetti scenici, ben riconoscibili e visibili), lo scontro-incontro fra sincerità fisica e realtà immaginata, fra presenza e assenza, incarnato nel corpo-psichico dell’attrice, ripongono al centro dell’organismo artistico la condizione stessa dell’Essere umano [more].

Francesca Ferrari, Teatropoli

 

 

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