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I PROMESSI SPOSI 014 |
HABITAT PUBBLICO 014 |
TRASDUZIONI. HAMLET 1999-2013 |
I PROMESSI SPOSI |
LA GLORIA |
Exilium, nostalgie dell'anima |
Exilium Bellissimo lo spettacolo che ha inaugurato Natura Dèi Teatri
“La poesia chiede che sia tranquillo chi scrive / io sono in balia del mare, del vento, dell’inverno selvaggio” questi i primi versi che si ascoltano in “Exilium”, dai Tristia e le Epistulae ex Ponto di Ovidio, creazione di Maria Federica Maestri e Francesco Pititto, che ha aperto, debutto nazionale, il festival Campi di Natura Dèi Teatri, con repliche, a Lenz Teatro, fino a domani: e lo struggimento di questa condizione di distanza, di vita altrove, di perdita d’identità, uno spaesamento che perdura negli anni, si avverte anche nei gesti, nelle espressioni che paiono conservare una sorta di indelebile timore, interpreti Valentina Barbarini, Elena Sorbi, Laura Vallavanti e Barbara Voghera. Bellissimi - una grande raffinatezza estetica – gli elementi scenografici di Maria Federica Maestri, anche il letto e la coperta di rigido, freddo metallo. “Non ti scrivo come un tempo dal mio giardino”. E di grande efficacia anche le immagini che scorrono nella parte alta, quattro spazi ravvicinati per le stesse immagini o a tratti diverse, che si rincorrono, ritmi di visioni in molteplice accordo con la musica di Andrea Azzali. Il rumore forte del mare. Gli scogli, il porto. Costanza, paesaggi di oggi della città dove visse l’esilio Ovidio. Azioni quotidiane: lavarsi, apparecchiare, sdraiarsi, nudità, gesti intimi, anche nella vicinanza delle persone, contatto fisico, uno strano sentimento di solitudine. Sugli schermi anche il corpo marmoreo di uno dei pazienti/attori di Lenz. “Io devo ai versi, lo so, la mia condanna” ma la poesia avvolge poi tutti coloro che sono in altra terra non per propria scelta, sempre denso, colmo, il desiderio di tornare, ritrovare affetti e lingua, tepori e profumi dell’aria. Nostalgie dell’anima. Le strade, alcune presenze solitarie. Sulla scena una figura che passa con la birra in mano, un’altra infagottata da strati di abiti. Ma nulla è mai semplice. Perché dietro, dentro, resta quello strato di disagio, di dolorosa inquietudine: non lì doveva scorrere la propria vita, non lì. Il dialogo a distanza con le persone care lontane, immaginando incontri, abbracci, i segni del tempo sui volti, ricordando gli ultimi saluti, gli addii..
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