IL FURIOSO (2)

IL FURIOSO (2)
#5 L’Illusione  #6 La Follia  #7 La Morte  #8 La Luna
presso Tempio della Cremazione di Valera (PR)

Progetto Biennale sull’ORLANDO FURIOSO di Ludovico Ariosto – 500° anniversario (1516-2016)

Dopo i primi quattro episodi de Il Furioso (1) – La Fuga L’Isola di Alcina ambientati al Museo Guatelli e L’UomoIl Palazzo all’ex Padiglione Rasori dell’Ospedale di Parma – la ricerca senza fine del senno amoroso e della gelosia di Orlando, tra quadri e inquadrature in scacchiera labirintica, tra un museo di Memoria Contadina e un reparto della Malattia e della Guarigione, prosegue e si conclude con gli ultimi quattro capitoli – L’Illusione, La Follia, La Morte, La Luna.

La nuova installazione trova luogo in un palazzo che comprende tutti e quattro i temi: l’imponente Tempio della Cremazione di Valera (Parma), con interni ed esterni per la follia più grandiosa, il passo più importante, un nuovo palazzo di Atlante dell’illusione conclamata e poi svelata, cioè la vita vera, dove paladini e donne in fuga non si riconoscono l’un l’altro se non nel reciproco trapasso, nell’incessante “cercare senza mai trovare“, con gli occhi sulla Luna a guardarsi sulla Terra a dimenarsi invano.
Accolto dal colonnato monumentale della facciata, il pubblico attraversa insieme agli attori la solenne e austera sala del commiato, per giungere attraverso il passaggio ‘inevitabile’ della sala macchine del crematorio al campo lunare del cinerario comune dove si concluderà il viaggio di Orlando.

 

 

 


IL FURIOSO (2)
#5 L’Illusione  #6 La Follia  #7 La Morte
  #8 La Luna

A 500 anni dall’Orlando Furioso il poema della modernità e della condizione umana continua a produrre invenzione e linguaggio come una rinnovata chanson contemporanea; un movimento incessante, non di narrazione epica, ma di selvaggia rappresentazione di una fiaba che non ha mai fine.
“Le moderne neuroscienze sostengono che serotonina, ossitocina e dopamina, i neurotrasmettitori rilasciati dal cervello, son in grado di decodificare i sentimenti. Ci dimostrano, ad esempio, che l’innamoramento contiene il disturbo ossessivo-compulsivo anche dal punto di vista biochimico: negli innamorati e negli ossessivi si riducono in modo simile i livelli di serotonina. Le radici neurali della gelosia, invece, si trovano nella zona del cervello chiamata corteccia prefrontale ventromediale, che si trova all’incirca appena sopra la fronte. In questa regione elaboriamo le emozioni e riflettiamo su noi stessi e sugli altri. Qui trattiamo i pensieri e i sentimenti di colui o colei che amiamo e prevediamo scenari circa la sua possibile perdita, come una catastrofe irreparabile”.

Cinquecento anni dopo la Follia di Orlando, la neuroscienza ci fornisce dati scientifici sull’innamoramento e sulla gelosia, di nuovo dialogando con l’arte, in particolare con il teatro: la compulsione della gelosia viene denominata “sindrome di Otello” da Shakespeare. È innegabile che amore e gelosia siano i nuclei drammatici fondamentali del poema ariostesco, la guerra è solo un pretesto e intorno a Parigi non c’è più nessuno. Sono tutti in mezzo ai boschi o sulla luna, in luoghi differenti della psiche a rincorrersi e a guerreggiare, fino a che un magico edificio, i cui passaggi interni ricordano un cervello, li attira, affascinati, tutti dentro. Ed è lì che inizia a danzare la sinapsi.

Gli attori armati del vivere di ogni giorno, corazzati e al contempo sensibili al passato e al presente, già impressi nel corpo e nella mente gli eroi cavallereschi, maghi e maghe di loro stessi, fanciulle in fuga senza direzione e senza sosta attivano trasmettitori dell’invenzione e del gesto essenziale, e la grande opera diventa affresco senza tempo.

 

IL FURIOSO (2) #5 L’Illusione #6 La Follia #7 La Morte #8 La Luna
dall’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto

Drammaturgia | imagoturgia | scene filmiche | Francesco Pititto
Installazione | elementi plastici | regia | Maria Federica Maestri
Musica | Andrea Azzali
Performer | Walter Bastiani, Franck Berzieri, Marco Cavellini, Massimiliano Cavezzi, Carlo Destro, Paolo Maccini, Delfina Rivieri, Carlotta Spaggiari, Barbara Voghera
Direzione tecnica | Alice Scartapacchio
Équipe tecnica | Lucia Manghi | Stefano Glielmi | Yannick De Sousa Mendes | Marco Cavellini
Assistente alla Regia | Roberto Riseri
Cura | Elena Sorbi
Organizzazione | Ilaria Stocchi
Comunicazione | Valeria Borelli
Ufficio stampa | Michele Pascarella
Produzione | Lenz Fondazione
Progetto realizzato con il sostegno di DAISM-DP Dipartimento Assistenziale Integrato di Salute Mentale Dipendenze Patologiche AUSL di Parma
In collaborazione con So.Crem Società per la Cremazione | Ser-Cim Servizi Cimiteriali

Tempio della Cremazione di Valera (Parma)

16-17-18 giugno ore 21.30

23-24-25 giugno ore 21.30

 

Tempio della Cremazione di Valera (Parma)
2006-2009
Progetto architettonico: Paolo Zermani.
Collaboratori: Roberto Panara, Eugenio Tessoni.
Progetto strutturale: Paola Tanzi.

II nuovo Tempio di cremazione di Parma è ubicato a nord dell’antico Cimitero di Valera, tra questo e la tangenziale recentemente realizzata, circa un chilometro a ovest della città. Da una parte la città e la Via Emilia, dall’altra la campagna e l’abitato di Valera, segnano i riferimenti di un paesaggio storicamente caratterizzato dall’ordine centuriale della colonizzazione romana e dalla fondamentale viabilità altomedievale: una civiltà ancora leggibile in filigrana o in superficie nei rinvenimenti della Domus romana, nel tracciato delle strade e dei poderi, nell’architettura romanica delle chiese di Vicofertile, S. Pancrazio, S. Croce. Il Tempio emerge all’interno del recinto, visibile da lontano e a chi percorre la tangenziale, come un grande elemento basamentale, preceduto da due spazi coperti alle estremità, analoghi a sud e a nord, verso Valera e verso Parma. Quale frammento tagliato, ospita e sospende nel tempo il rito del passaggio, rendendolo un unico grande simbolo urbano, quasi altare, in cui la città celebra, in modo incessante, la memoria di sé attraverso la memoria dei suoi morti. Il rapporto tra i due recinti, antico e progettato, e quello tra essi, la campagna e l’abitato di Valera, costituisce il primo tema affrontato dal progetto. Il nuovo recinto, un recinto fatto di spazio architettonico perché pensato come un muro porticato e abitato dai cellari che ospitano le polveri, contiene, in un percorso ininterrotto, il rapporto tra vita e morte, fissandone la lettura nel senso di una continuità ideale della vita. In forma di un grande rettangolo la cui giacitura si attesta a fianco del cimitero esistente il porticato, al quale si accede dall’area a parcheggio posta sul lato più stretto, secondo l’uso attuale del cimitero esistente, abbraccia i momenti del percorso stabilendone una gerarchia precisa, il cui medium architettonico è il Tempio vero e proprio, collocato al centro delle due dimensioni. Quest’ultimo segna, anche spazialmente, i tempi del rito, tra esterno e interno, dividendo, in un percorso processionale, la zona dell’accoglienza del defunto e dei famigliari, posta in prossimità dell’ingresso, da quella del Giardino di aspersione delle ceneri, collocato dopo gli spazi di commiato e di cremazione, caratterizzandosi per due facciate analoghe a Nord e a Sud, quasi due sezioni che consentono di ricavare altrettanti spazi aperti e coperti. La pianta dell’edificio è segnata da due grandi quadrati, tra loro collegati attraverso un quadrato di dimensione inferiore. Il primo quadrato è costituito dalla grande Sala del Commiato, illuminata da una sorgente di luce centrale e occupata soltanto dalle colonne sulle pareti e dall’ambone riservato all’orazione. Una alta porta posta sulla parete di fondo costituisce il varco di transizione della salma verso il secondo quadrato, di dimensione inferiore, camera di luce illuminata zenitalmente, completamente vuota. La salma così scompare nella luce. Il terzo quadrato è costituito dal crematorio vero e proprio, in cui il corpo viene bruciato. Tutti gli ambienti di servizio sono ricavati sui lati. L’attraversamento, con la sua ritualità interna, segna la gerarchia spaziale dei diversi momenti, peraltro continuamente ricomposta dal portico del recinto, che sarà completato negli anni con gli accrescimenti del Cimitero e avvolgerà in un percorso infinito.

Dal sito www.zermaniassociati.it

 

Il Museo Guatelli, il padiglione Rasori dell’Ospedale, dove abbiamo rappresentato i primi episodi del Furioso, e ora il Tempio di Valera – ma potremmo dire anche Lenz Teatro – non sono soltanto luoghi materiali, storici e architettonici ma sono, soprattutto luoghi dell’umano, del vivere e del pensare umano.
Lenz, a Parma arriva Nd’t #21: nel Punto Cieco un museo vivente, Alessandro Trentadue, Repubblica.it, 10 giugno 2016

Ma anche riflessioni sul tema più importante della questione umana, la morte: e poi ancora stupore, angoscia, ma anche una strana e dolce familiarità con ciò che non vorremmo vivere mai e una bellezza difficile da definire.
Furioso, Lenz fa parlare il silenzio, Mariacristina Maggi, Gazzetta di Parma, 18 giugno 2016

Più criptico che mai, questo spettacolo di Lenz va visto per diverse ragioni: il luogo, davvero incomparabile e perfetto per questa drammaturgia, la recitazione così cruda e anti teatrale da esaltare il testo, la messinscena con proiezioni e luci che rendono il Tempio della Cremazione ancora più spettrale.
Lenz Fondazione: Il Furioso (2), Corrado Beldì, Zero.eu, 21 giugno 2016

Le reazioni delle persone che partecipano sono diverse. Commozione, stupore, shock. Il tentativo di un ultimo contatto, con la mano, sui contenitori di corpi sconosciuti. Un limite su cui aprire una riflessione: su quanto il teatro di ricerca possa – o debba – spingersi per suscitare un’emozione, una reazione.
Parma, nel teatro del forno crematorio: ricerca contemporanea o provocazione?, Alessandro Trentadue, Repubblica.it, 30 giugno 2016

La drammaturgia di Pititto si lascia ingoiare dalla sua imagoturgia, un tessuto visivo magniloquente eppure tremante, fatta di sequenze video mute ma significanti, quasi una sovra-trama che vigila sull’evoluzione di caratteri e stati d’animo – ancora una volta – non di attori e personaggi, ma degli spettatori.
Lenz, tra il Furioso e Macbeth. Spettatori sensibili, Sergio Lo Gatto, Teatro e Critica, 2 luglio 2016

Nessuno scandalo o vilipendio nel farne per la prima volta scenografia, perchè la morte è di per sé teatro, come la vita. Il Furioso (2) si è compiuto con dolore e dolcezza e noi restiamo come incerti e sospesi: la bellezza allora serve a ingannare, l’amore non dà la felicità. Reale è l’oscurità che ci inghiotte e che solo i lumicini delle tombe rischiarano. La vita non è che un’ombra che cammina.
Cercare senza mai trovare: Lenz Fondazione e il nuovo Furioso, Matteo Brighenti, PAC – Pane Acqua Culture, 7 luglio 2016

 

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