CHAOS

*Per accedere alla visione in streaming di Chaos dalle ore 10 del 6 luglio fino alle ore 24 dell’8 luglio basterà seguire questo link. A causa delle politiche di Vimeo e dei contenuti espliciti dello spettacolo sarà necessario effettuare un’iscrizione gratuita oppure, nel caso in cui lo si abbia già fatto, sarà sufficiente accedere con il proprio account per dimostrare di essere maggiorenni.* 

Une image
n’est pas forte
parce qu’elle est brutale
ou fantastique
mais parce que
l’association des idées
est lointaine
lointaine
et juste

J.L. Godard

CHAOS, creazione di Maria Federica Maestri e Francesco Pititto, è una scrittura performativa contemporanea a partire dal Libro Primo de Le Metamorfosi di Publio Ovidio Nasone. Il progetto performativo prosegue un percorso creativo basato sull’opera ovidiana iniziato nel 2007 con la messa in scena di RADICAL CHANGE, creazione performativa a partire da Le Metamorfosi di Ovidio. Nato da una ricerca visuale, visiva, filmica, spaziale e sonora che utilizza come sostrato testuale ed identitario le riflessioni poetiche e filosofiche di Ovidio sul chaos che precede la creazione dell’uomo, il nuovo lavoro indaga, con una potenza visiva e simbolica estrema e tesa ad una composizione scenica costruita attraverso visioni ed illuminazioni archetipe, riferimenti poetici di una dimensione originaria tra mito e materia, il percorso di generazione dal nulla universale fino alla creazione dell’umanità e al passaggio attraverso le quattro età descritte dal poeta : Età dell’Oro, Età d’Argento, Età del Bronzo, Età del Ferro. I corpi dei performer diventano simulacri mitici in grado di riflettere le pulsioni poetiche ovidiane attraverso un percorso formativo, costruito su un’impalcatura di attrazioni e repulsioni, contatti e allontanamenti, maturazioni e distruzioni reciproche. La lingua latina entra nella dimensione performativa creando una cornice testuale di grande tensione simbolica: le parole si imprimono nelle sequenze fornendo un supporto artistico visionario che astrae lo sguardo dalle azioni sceniche. La parola si fa verbo assoluto dentro ai corpi dei performer creando un tessuto sonoro stratificato dove l’identità pre-umana della mole informe ed originaria diviene, dopo un processo estremo di evoluzione, la leggenda della nascita dell’uomo.

GOD.SEPARATION OF ELEMENTS. La jeune fille presenta ed espone il proprio corpo nudo prima che una serie di “cose mal combinate fra loro” inizi la sovrapposta architettura degli elementi materici e cromatici. Prima e dopo il corpo femmineo si de-costruisce e ri-costruisce mutando forma e contenuto – ante mare et terras … -, la storia sconosciuta che ogni segno/indumento porta con sé ri-forma senso prima e dopo il qui-e-adesso del corpo che ci appare. Informa e confusa la sovrapposizione edifica – piano su piano – una nuova trama gestuale e corporea, gli oggetti letteralmente si incarnano, deformano il profilo, creano la nuova sagoma, il simulacro dell’umano.
La jeune fille, ora unicum di valori semantici, separa e distribuisce ai nuovi nati – in ordine e armonia – il frammento necessario al procedere della creazione estetica. Nuova storia viene generata dalla ri-forma e dal generarsi di nuova espressività, non il contrario. Due corpi si sono aggiunti agli elementi, uno maschile già segnato dal tempo e uno femminile sensibile rifrazione dell’originario.

THE EARTH AND THE SEA. Ma nel comporre la nuova scena del globo, la dea primaria della suddivisione tra cielo e terra invia la terza imago – armandola di parola e voce – ad annunciare al mondo il nuovo Tutto, testi già scritti per il genere umano rinascente.

THE FIVE ZONES. La jeune fille Marion, vissuta un tempo dentro i confini di un libro – “La morte di Danton” di Georg Büchner – enuncia ancora il proprio doppio tra uomo e Natura, tra coscienza e in-coscienza “io sono diventata come il mare che tutto ingoia e si agita sempre più nel profondo”.

THE FOUR WINDS. Gira, gira, più veloce della terra, la donna che abbraccia non un solo amore ma tutto l’amore.

HUMANKIND, il genere umano con le sue teste a forma di palla. A forma di mondo. Inizia la generazione delle stirpi, madri e padri, figli e sorelle, su lettini anatomici dove le procreazioni e le morti si susseguono incessanti e terrificanti, dove i figli incolpano i padri e le madri delle sofferenze e delle fatiche indicibili a loro inflitte da nascite non richieste, delle gioie e degli entusiasmi a termine scanditi dai ritmi matematici dell’evoluzione e del continuo divenire. Natus Homo est.

HUMANKIND: il creato vuole creare, a sua forma e somiglianza, come cranio una palla tonda. L’artefatto vuole farsi artefice, ma il prodotto è debole, non regge la fatica del mondo. Il simulacro del dio ora è simulacro di se stesso, mentre il dio lo guarda da lontano.

HUMANKIND. “Che cosa è l’uomo? Come è possibile che esista una cosa che fermenta e bolle come un caos?” Si chiede il vecchio – come si interrogava Hölderlin nel suo Iperione -, accudito dalle figlie che prima l’hanno maledetto, adesso è asciugato e solo, pronto alla prossima incontinenza, al defluire di ciò che è rimasto della propria potenza fisica, solo nella sofferenza dell’abbandono, con le figlie testimoni della propria, intima e profonda, sconfitta.

GOLDEN, SILVER, BRONZE, IRON AGE. Ma l’uomo si rigenera, o meglio la femmina più del maschio. La rigenerazione è sviluppo drammaturgico, è mutamento – metamorfosi, radical change, chaos -, la trama dell’illusione e dell’invenzione, della menzogna e della poesia, del fetore e del profumo dell’umano: Shakespeare. “Vieni amaro condottiero, vieni schifosa guida! Tu pilota disperato –“. Il vecchio si cala le braghe e mostra le nudità raggrinzite dal tempo, si vendica dei corpi più giovani e delle parole belle di mondi inventati. E’ un maschio senza più parole, solo rumore di desiderio, di caccia, di apprensione. Si accorgerà che il vero incorpora sempre, prima o poi, il falso: “Così con un bacio io muoio!”
Il vecchio si acconcia con pezzi del tempo trascorso, di altre ere. Altri segni.
Solo lasciti, partenze, un ultimo volgare gesto, ripetuto, agli dèi. Francesco Pititto

dal Libro Primo de Le Metamorfosi di Ovidio

creazione || Maria Federica Maestri | Francesco Pititto
traduzione | drammaturgia | imagoturgia || Francesco Pititto
installazione scenica | elementi visivi || Maria Federica Maestri
musica || Andrea Azzali
interpreti || Valentina Barbarini | Giuseppe Barigazzi | Elena Sorbi | Laura Vallavanti
cura progetto || Lisa Gilardino
disegno luci || Andrea Morarelli
produzione || Lenz Rifrazioni
première || Parma, Lenz Teatro, XIII ed. Festival Natura Dèi Teatri, 15 novembre 2008
durata || 60 minuti

La creazione è stata presentata: al Festival Internazionale Natura Dèi Teatri di Parma (2008), a Linea d’Ombra-Festival Culture Giovani di Salerno (2009).

“Chaos conferma la radicalità visionaria con cui Lenz va esplorando da tempo le Metamorfosi di Ovidio. Qui siamo all’inizio dei tempi, dentro il caos che precede la nascita dell’umanità, riflesso nell’indistinzione delle immagini anatomiche macro in evoluzione sui tre grandi schermi che delimitano lo spazio scenico e nel magma sonoro delle musiche di Andrea Azzali. La lontananza delle età del mito si specchia nei corpi lunari su cui opera la scrittura performativa dei due artefici, Maestri e Pititto. Corpi acerbi di giovani donne dai capelli rasati che si scontrano con la gravità di un uomo anziano (e sono molto brave Elena Sorbi e Laura Vallavanti che agiscono insieme all’ormai veterana Valentina Barberini). Si attraggono e si respingono giocando coi pochi attrezzi di scena, sgabelli, lettini ospedalieri, palloni da basket; si lasciano attraversare dalle parole del poema latino; monologano con quelle di Romeo & Juliet. Mentre intanto continuano a togliersi e mettersi magliette e calzoncini. C’è in quei corpi, nei loro gesti che precedono l’idea stessa di un’azione, l’energia sessuale di un mondo primordiale che può diventare provocazione e violenza senza raggiungere l’eros. E una innocenza che ferisce. Qualcosa che rimane e chiede di non essere consumato in fretta, da rivedere ancora. Ma che emozione intanto risentire d’un tratto echeggiare le parole di Hölderlin tanto amate un tempo”.
Gianni Manzella, il manifesto

Se il teatro è folgorazione e scandalo, Chaos che Lenz Rifrazioni ricava con radicale visionarietà dal Libro I de “Le Metamorfosi” di Ovidio è una gran ricerca compulsiva, un lavoro sul magma della sensualità. Nella creazione di Maria Federica Maestri e Francesco Pititto vista al Festival Culture Giovani di Salerno, ammaliano l’audacia di lusinghe e sfide di tre corpi femminili acerbi in promiscuità con un uomo maturo e impenetrabile, le pulsioni e le pietà delle quattro epoche del poeta, e i suoni di parole sue, di Hölderlin e Shakespeare, mentre più schermi danno l’emozione di primi piani della pelle.
Rodolfo Di Giammarco, la Repubblica

Skip to content