MACBETH

MACBETH
Lenz Fondazione

8 dicembre ore 21.00
9 dicembre ore 21.00
10 dicembre ore 21.00
Lenz Teatro | Sala Esta

SHAKESPEARE < ANNIVERSARIO 1616-2016

Progetto per i quattrocento anni dalla morte di William Shakespeare.
Nel 2016 Lenz Fondazione avvia un nuovo progetto compositivo sul Macbeth nella sua stratificata lingua performativa, visuale e musicale. La nuova ricerca coglie ed assume come stimolo creativo un momento storico di particolare rilevanza in Italia per la gestione sociale della follia – e nel Macbeth sono diversi i nodi drammaturgici sullo stato psichico/fantastico/onirico dei protagonisti.
Dal 31 marzo 2015 la Regione Emilia-Romagna è impegnata in un’esperienza pilota a livello nazionale per il trasferimento in nuove strutture di accoglienza i pazienti finora detenuti negli OPG (Ospedali Psichiatrici Giudiziari) italiani. In particolare, a Mezzani in provincia di Parma è diventata operativa una delle prime residenze per l’esecuzione della misura di sicurezza sanitaria (REMS).
È a questi ospiti sensibili, in collaborazione con il Dipartimento di Salute Mentale dell’AUSL di Parma, che il progetto sul Macbeth si è rivolto per una collaborazione alla creazione imagoturgica e performativa. I loro volti sono diventati il transfer visivo (sociale, emozionale) per gli spettatori del Macbeth e la questione della follia e delle visioni di Lady Macbeth – l’attrice storica dei Lenz – e del suo consorte diventano materia vivente, atto violento rimembrato e rielaborato, allucinazione rimessa a fuoco in un contesto drammaturgico e di rappresentazione dell’opera reinterpretata dalla nuova scrittura del compositore Andrea Azzali.
Di nuovo, come in Verdi Re Lear, la collaborazione con un compositore di musica elettronica ribadisce l’intenzione di rinnovare la lingua del monumento verdiano; la rielaborazione elettronica esaltando le caratteristiche compositive dell’opera ne riesce a rimodellare le forme ‘intonandole’ alle sonorità contemporanee. Così l’impianto tragico shakespeariano può essere profondamente ridefinito da una scrittura performativa, visuale e scenografica che traduca al presente la necessità della sua rappresentazione.
Sull’inesorabilità, inconsolabilità, decisione e irreparabilità delle proprie azioni sono state ricercate le linee interpretative, linguistiche e musicali di questa nuova opera di Lenz, attraverso gli indispensabili impulsi di chi, rinchiuso per decenni in carceri senza nemmeno la consolazione (o la tortura) del senso di colpa, ci ricorda senza finzione che la vita è davvero un’ombra che cammina e l’attore un povero idiota che fatica a raccontarci il niente.

L’HO FATTO IO IL FATTO
Anche la finzione più esplicita ha l’intento di sostituirsi alla realtà così come la più problematica e cruda verità ha per fine ultimo l’improbabile scomparsa di quel confine. Il teatro non è la vita a meno che la vita non sia il teatro. C’è un solo attore per il quale questa equazione potrebbe essere vera: l’attore che non conosce quel confine, l’attore che non gioca un ruolo ma se stesso, l’attore che abita la scena come la vita.”
Così abbiamo scritto, diversi anni fa, sull’attore sensibile e sulla restituzione al teatro di quella parte vitale – della vita – indispensabile a ricrearne il senso comune, l’utilità collettiva.”
La nuova esperienza, iniziata lo scorso anno, all’interno della Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS) di Mezzani ci ha posto e ci pone alcune questioni rilevanti di pratica e di estetica artistiche. Considerando questo nuovo intervento – sarebbe meglio chiamarlo “azione”, proprio nell’accezione novecentesca di azione artistica pura – come prolungamento e sviluppo dell’esperienza acquisita in alcuni decenni di lavoro con il gruppo storico di Pellegrino Parmense il nuovo habitat si presenta differente per alcuni aspetti istituzionali e organizzativi ma la questione “… a meno che la vita non sia il teatro” rimane tutta in campo, per alcuni aspetti anche più drammaturgicamente incisiva. L’aver posto come testo d’indagine il Macbeth di Shakespeare porta, poi, le questioni direttamente al centro, al compimento di un’azione decisiva, di un fatto determinante per la biografia dell’attore e dei protagonisti del dramma: “L’ho fatto io, il fatto. Ho udito io il gufo urlare e i grilli lacrimare./Credo d’aver sentito: “Sonno non più! Macbeth ha ucciso il Sonno, l’innocente Sonno.”. Il delirio, il senso di colpa, le visioni, la morte sono paragrafi di vita vissuta e testuale che si sovrappongono all’interno di una sfera di cristallo dove destini, streghe e sangue piovono dall’alto come neve, dopo aver capovolto e rimesso in sesto la sfera stessa. L’attore diventa allora davvero l’immagine cristallo del proprio passato e del proprio presente, i versi di Macbeth e della Lady, così come quelli delle streghe sembrano uscire, con tecnica sconosciuta e solo minimamente corretta, come lame di coltelli che volteggiano reali e non frammenti di un sogno delirante. Il dialogo a distanza, reale e virtuale, tra l’attore detenuto nel suo luogo/castello e l’attrice performante nella sua scena teatrale diventa scambio di voci e sussurri di due Piramo e Tisbe contemporanei; i due amanti e complici sono distanti e in mezzo sta il muro del vivere civile e della società reale.
La Residenza/REMS è ancora in fase sperimentale, nessuna immagine di ritorno delle condizioni dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario, anzi la trasformazione dell’habitat è radicale. Ma le persone ospitate vivono comunque una libertà limitata e la relazione con l’esterno presenta diversi problemi di sicurezza e organizzazione di cui l’esperienza artistica deve tener conto. Il riscontro del lavoro fin qui svolto ci fa pensare che la via dell’inclusione, quando il soggetto agente o attore riveli la propria anima creativa, possa portare dritta e veloce verso una REMS/Teatro luogo di crescita e responsabilità ad personam, di recupero e riconoscimento di una nuova funzione sociale per ogni soggetto. Uno vale cento e la strada è ancora lunga, sull’esperienza nuova si giocano diverse partite nelle quali alla complessità della situazione umana dovrebbe sovrapporsi la complessità dell’arte teatrale, soprattutto per chi ancora ricerca una via per la liberazione vera e il ritorno alla complessità del vivere comune.

Francesco Pititto

Macbeth
da William Shakespeare

Testo e imagoturgia Francesco Pititto
Installazione, elementi plastici e regia Maria Federica Maestri
Musica Andrea Azzali
Consulenza scientifica Rocco Caccavari
Performer Sandra Soncini
Performer in video Ospiti REMS di Mezzani
Cura Elena SorbiOrganizzazione Ilaria Stocchi
Comunicazione Valeria Borelli
Ufficio Stampa Michele Pascarella
Produzione Lenz Fondazione in collaborazione con AUSL_DAISM-DP_REMS

Dipartimento Assistenziale integrato di Salute Mentale Dipendenze Patologiche AUSL di Parma REMS – Residenze per l’Esecuzione della Misura di Sicurezza Sanitaria

teatro |
Durata | 50′

Produzione | Lenz Fondazione per ND’T#21 2016

Skip to content