CATHARINA VON SIENA
Catharina von Siena è un dramma incompiuto scritto da J.M.R. Lenz, in diverse lavorazioni, alla fine del Settecento. Lenz Rifrazioni ne ripropone una originale “mise-en-mot” (messa in parola) di una precedente messinscena allestita dalla Compagnia in due differenti versioni nel 1987 e nel 2000, riadattando liberamente la versione originale. Già in quest’ultima il riferimento alla Santa di Siena è puramente immaginario – basti pensare alla figura del Correggio, vissuto duecento anni dopo – e pretesto per la lavorazione di un’idea drammatica e sperimentale. Una caratteristica di Jakob Lenz è, inoltre, quella di essere considerato un drammaturgo romantico anomalo per il suo stile paradossalmente “tragi-comico”. Da tragedia di una pittrice in una prima ispirazione, Catharina von Siena diventò tragedia di una santa che combatte le tentazioni con la penitenza. Sia lo scritto originale che la nuova versione non presentano alcun intento agiografico.
Ciò nonostante la messa in scena traduce artisticamente l’intensità della prassi mistica di Santa Caterina e alcuni passaggi presentano tensioni mistiche particolarmente coinvolgenti.
Nel furore adolescenziale delle prime apparizioni, nella sofferenza delle visioni giovanili, nelle estasi mistiche della maturità della Caterina romantica di Jakob Lenz si rispecchia in autentico ritratto l’età poetica di Lenz Rifrazioni. Nella scena, un campo nudo incorniciato da un quadro inorganico bianco, si scolpisce il tempo dell’azione mistica: Caterina è il fenomeno di Dio, in essa si incidono le tracce della sua presenza. Azione santa e divina contemplazione si compiono in tredici prove, ognuna delle quali rivela la materia e lo spazio dell’epifania. Nell’invenzione drammaturgica lenziana, Caterina affonda in un paesaggio biografico distorto, dove insieme ad alcune figure assunte dall’agiografia della santa ne compaiono altre inattese quali quella improbabile del Correggio, vissuto secoli dopo, in una mescolanza esaltante di imprecisioni letterarie e fraintendimenti storici tipica del Romanticismo tedesco. A questo stesso paradigma formale si è ispirata l’architettura registica di Maria Federica Maestri, che non ha abbozzato alcuna ricostruzione storico-narrativa della vita della santa, ma ha obbedito solo alla lettera della verità poetica del teatro. Lo spettacolo è una successione di ardue prassi santificanti che portano Caterina alla beatitudine.
La sposa celeste, agnella penitente, si fa respiro, saliva, unguento di Gesù nel pieno compimento del flagello. Il corpo bambina di Caterina, nutrita solo dall’ostia e dal sangue, chiede con voce acuta di appartenere all’immondo dell’eccesso e di tornare all’extramondo della sua natura infantile. Beata perché senza cibo, beata perché dissetata dal stesso suo sputo, beata perché sporca e senza dignità. Caterina annega nel regno delle giovinezze dalle venosità livide e rigonfie, delle regine dalle ossa sporgenti, delle scolare del rigurgito eterno. La piccola Caterina vuole morire. Vuole morire nel teatro. E il teatro deve morire in Caterina, diventando esso stesso freddo, muto e rigido. La sua Resurrezione è nella verità del corpo, senza identità, senza volontà, senza necessità, libero di essere la fragola rossa di Dio.
La drammaturgia musicale di Catharina von Siena si articola in una sequenza di brani concepiti idealmente come un epistolario spirituale: appassionante, freddo, sentimentale, romantico. Le matrici timbriche originate romanticamente nelle lettere appartengono al patrimonio virtuale di alcune schede audio elaborate al campionatore. I nuclei ritmici sono costruiti e sviluppati su frammenti di brani musicali appartenenti alla nostra storia della musica rock recente e riprodotti attraverso le programmatiche procedure grammaticali di un computer; i generi e gli stili si modificano radicalmente da lettera a lettera creando un itinerario sonoro di imprevedibili rimandi e visioni: contrappunti da vedere, abbandono dell’orecchio alla visione dell’ascolto intimo, rapiti nelle molteplici preziosità dei particolari di un affresco correggiesco trasformato in disegni e coloriture musicali. Le musiche originali, potenti rielaborazioni elettroniche composte da Adriano Engelbrecht e Andrea Azzali, sono state raccolte in un CD pubblicato nel 2000.
Nota su Jakob Michael Reinhold Lenz
Illuminazione romantica per Georg Büchner e virtù moderna di Bertolt Brecht, Jakob Lenz è il modello poetico e intellettuale del moto iniziale del teatro di Lenz Rifrazioni.
Nozze di nomi e di opere: da Lenz, prima messinscena della compagnia tratta dalla novella di Büchner, esordio nella passione del linguaggio scenico (1986), alla lezione drammaturgica sulla santità dell’arte delle quattro stesure incompiute della Catharina von Siena (1987), alla teatralità non riconciliata de I soldati (1987), affresco tragico e dissonante sull’umiliazione del sentimento amoroso. Dieci anni nel tempo del ricercare artistico e poetico tra le parole e i silenzi di Hölderlin, le fulminazioni drammatiche di Kleist, le esplosioni in verso di Majakovskij, le polifonie della solitudine dei personaggi di Dostoevskij, e l’ultimo approdo al magma nostalgico dell’estremismo sentimentale di Shakespeare e all’architettura umana del Faust di Goethe. Dopo un breve e intenso studio realizzato con un gruppo di adolescenti, con questa terza messinscena di Catharina von Siena il passato ritorna su stesso, come desideroso di ridare inizio alla propria origine nel freddo del fuoco lenziano. Due intensi preludi per due recenti messinscene: il Pyramus und Thisbe, la traduzione dell’episodio delle Metamorfosi di Ovidio inserito nel testo originale di Francesco Pititto I-Ay-Eye e Shakespears Geist, esaltante monologo poetico dedicato all’Attore e al Teatro.
Jakob Michael Reinhold Lenz (1751-1792) nasce in Lettonia e studia teologia a Konigsberg, lavorando poi come precettore a Strasburgo. Conosce Goethe, del quale diviene amico, ammiratore ed emulo. Lenz si innamorò della sorella di Goethe, Cornelia Schlosser. Lei gli donò la propria copia del canzoniere del Petrarca e gli ispirò il frammento incompiuto della “Catharina von Siena” che da tragedia di una pittrice diventò tragedia di una santa che combatte le tentazioni con la penitenza. Nel 1777 il suo equilibrio psichico già precario si spezza: seguono tre anni di malattia e di sofferenza (descritti da Büchner nel racconto “Lenz”). Nel 1779 viene ricondotto in patria dal fratello: poi, di Lenz si perde ogni traccia; viene ritrovato morto in una strada di Mosca nel 1792. Tra i suoi drammi: “Il precettore”, “Il nuovo Menoza”, “I soldati”.
“In ogni epoca, la filosofia, o piuttosto la mania di filosofare, quando diventa una moda, ha rappresentato per la lingua il pericolo più grande. Se entriamo nelle case di quelli che si chiamano, per convenzione, la gente comune, se facciamo attenzione ai loro interessi, alle loro passioni e capiamo come la natura si esprime, quando certe circostanze lo esigono, al di fuori di ogni grammatica e di ogni dizionario – quale immenso arricchimento del nostro linguaggio ricercato, quale moltiplicazione dei nostri giochi di società! Le nostre operette non devono il loro successo sulla scena che ai sentimenti nobili e alle espressioni naturali che esse trasferiscono dalle classi inferiori delle nostre società raffinate e corrotte.” J.M.R.Lenz (1776)
CATHARINA VON SIENA
di Jakob Michael Reinhold Lenz
traduzione e riscrittura || Francesco Pititto
regia | elementi scenici || Maria Federica Maestri
costumi || Maria Federica Maestri
musica || Adriano Engelbrecht | Andrea Azzali
interprete || Elisa Orlandini | Matteo Ramponi | Sandra Soncini
produzione || Lenz Rifrazioni
première || Lenz Teatro. Parma, 2004
durata || 60 minuti