CAPPUCCETTO ROSSO

Lo spettacolo è stato presentato in molti festival internazionali tra cui: Festival Natura Dèi Teatri (2003), T.I.S. Festival delle Interazioni Sociali a Bologna (2003), E.T.I. Teatro il Vascello in Roma (2004).

Terza opera della tetralogia dedicata da Lenz Rifrazioni alle fiabe dei Fratelli Grimm, Cappuccetto Rosso è la rappresentazione del cammino metamorfico dell’eroe fiabesco. Nella scena di vertigini tattilo-cromatiche la bimba rossa sceglie la deviazione sensoriale per nutrirsi ed essere nutrimento del corpo scenico sconosciuto.

Ombre Rosse
Sul sentiero del Bello e del Pauroso di Francesco Pititto

“Vince nella fiaba il folle che ragiona a rovescio, capovolge le maschere, discerne nella trama il filo segreto, nella melodia l’inspiegabile gioco d’echi; che si muove con estatica precisione nel labirinto di formule, numeri, antifone, rituali comune ai vangeli, alla fiaba, alla poesia. Crede costui come il santo, al cammino sulle acque, alle mura traversate da uno spirito ardente. Crede, come il poeta, alla parola: crea dunque con essa, ne trae concreti prodigi. Et in Deo meo transgrediar murum.”

Così scrive Cristina Campo ne “Gli imperdonabili”. Gli scritti della Campo sono diamanti disseminati sui sentieri della parola pura. La fiaba è ricerca della parola, la parola crea la vita, la parola è corpo. La parola impone il rispetto, la paura, il ricordo. La parola fa rivivere il passato. Anche la parola muta parla. Il silenzio suona. Il vuoto è pieno/pregno di segni. La parola fa vivere i sogni. La parola è sempre con noi, ci accompagna. Come l’ombra. La fiaba è un’ombra. Nell’ombra si cela l’anti-materia, l’anti-corpo, l’anti-parola. La bambina dal piccolo cappuccio rosso trascina le ombre dei propri timori, dei propri desideri, della propria differenza. Le ombre sono lupetti d’uomo attratti dall’odore del Bello. Lupetti inesperti vestiti di rosso guidati dal vecchio lupo ingrigito. Curiosità, ricerca, caccia alla preda sconosciuta: questi istinti li muovono. L’ombra si colora di rosso perchè rosso è il colore del calore. L’immaginario è fuoco che brucia, l’immagine è la sua lingua di fiamma. Le ombre rosse inseguono, perseguono lo scopo ambizioso di divenire esse stesse corpo, materia, parola. Implodono la bimba vestita di rosso ingoiandola nel ventre, nel fondo senza fondo. La risputano nel mondo trasformata in creatura a loro misura. Cappuccetto Rosso è adesso l’ombra del proprio Io, mezza donna e mezzo lupo, mezza luna e piena attrice.

Meccanica cromatica
Rotkäppchen dei Grimm per Maria Federica Maestri

Intendimento.

Coniugazioni di paura e violenza nel cammino storto della bimba rossa. Perturbamento di cibo e sesso nel bosco dominato dal grigio del lupo. Sacrificio di entrambi per tener fede alla legge e tavola cristiana. Paura di morte infantile e terrore di vita adultata intrappolano l’incappucciata nel suo rossore. Cappuccio che vela il pudore del sentir la passione di torta, mascherata. La bimba all’apparenza condannata è curiosa di ingoiare ciò che il cibo non può più dare. Rinuncia al dovere e sola nel buio del nero è pronta a morire, pur di toccare cosa nasconde il grande di occhi, orecchi, mani, bocca. Il rosso presagio di sangue si compie nel balzo affamato, nel corpo predato, nel basso del lupo desiderato.

Ottenimento.

In levate addizionanti spezzate e separate le superfici cromatiche sono meccanica evolutiva della scena fiabesca. Il set è occlusione nera, è cecità morale, è il black side del disco umano. Unito per natura all’altra faccia, la rossa, accesso di arteria drammatica, compensante esteriorità che si erge nel centro per pronunciare il taglio del campo angolo-acuto. Identici per assolutezza pelosa, lo scuro e il chiaro si riconoscono intonaci del vivo e del morto. La luce si insinua nel buio e rivela il vello di ogni strofinio di passo. Il cammino irrora la sequenza bianca, di desolazioni narrative, daltonie visive del regno rosso. Sospese nel nero le mummie ingessate di pecore e agnelli ammucchiati nella camera mortuaria a cui la bimba è destinata. Solitarie si mostrano la pizza di Figlio di Dio-Madre, che sa di pane e sangue, e la torta preparata a benificio del colonnato genetico. Il Padre Dio-Vecchia Madre è ristorato dai rigonfiamenti di gommapiume inacidite grondanti di chantilly artificiali, immangiabile cibo dell’eternità.

Tema Variazione Intermezzo di Adriano Engelbrecht

Lo sviluppo musicale di Rotkäppchen è affidato al pianoforte e all’incessante loop di un basso continuo che regola lo scandire ritmico dell’intera fiaba. Il procedere dei quadri drammaturgici è sempre anticipato dalla variazione melodica del tema pianistico a cui si contrappone, in forma di intermezzo, la sonorità elettro-rock dell’ingresso dei Cacciatori e quella dai toni ombrati e quasi trip-hop di Cappuccetto Rosso ossessivamente inseguita dal corpo estraneo della propria ombra. Su tutto regna, ritmicamente sovrana, l’incalzante narrazione della lingua madre in voce materna come a ribadire la genealogia tutta al femminile della fiabesca discendenza Nonna-Mamma-Nipote. Al maschile dei Lupi e di Nonna-Wolf rimane la sola grazia di una danza pizzicata inseguita dalla canonica, ma ben riconosciuta, ombra di ripetuti suoni gravi.

 

CAPPUCCETO ROSSO
da Rotkäppchen dei Fratelli Grimm

traduzione | drammaturgia | regia || Francesco Pititto
scene |costumi | elementi visivi || Maria Federica Maestri
musica || Adriano Engelbrecht | Andrea Azzali
voce fuori campo || Annegret Engelbrecht
interpreti || Adriano Engelbrecht | Giuseppe Imprezzabile | Sara Monferdini | Matteo Ramponi | Alessandro Sciarroni
disegno luci || Rocco Giansante
produzione || Lenz Rifrazioni
première || Teatro Duse, Festival Teatro delle Interazioni Sociali, Bologna, 2003
durata || 60 minuti

Lo spettacolo è stato presentato in molti festival internazionali tra cui: Festival Natura Dèi Teatri (2003), T.I.S. Festival delle Interazioni Sociali a Bologna (2003), E.T.I. Teatro il Vascello in Roma (2004).

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