Apocalypse

 

After the appearance of man and woman on earth with The creation (2021) and the census of the vital remnant of humanity in the Numbers (2022), the revelation of the ego inApocalypse (2023) for the third phase of the dramaturgical investigation into the Holy Scriptures, compositions and visions by Maria Federica Maestri and Francesco Pititto, music and sound design by Andrea Azzali.


The imaginative framework of the work is the Apocalypse of John, a reflection/action on the human being at the time of his greatest crisis and his minimum prospects for survival, at the end of a progressive deterioration of its living space, in the Anthropocene era.


Slicing the apocalyptic evidence of the human condition into a dramatic body- hybrid view – the Seven-eyed Lamb – the work develops in a double imaginative tension: the visual part of the Apocalypse (imagoturgy) it was filmed in two symmetrical and opposite locations, in the mountain landscapes where the flocks graze freely and in Dandora, slum in Nairobi, considered the most polluted area on the planet, slums where hundreds of thousands of children live collecting waste.

 

IMMAGINE MUTA E LOGOS
Francesco Pititto

The Apocalypse of John, or other visionary, it is a roar of images. A roar and a crash mixed with lightning and thunder in a gloomy and dazzling sky together, from which protean figures emerge, shapeshifters loaded with symbols and destructive powers, bearers of catastrophic punishments and great magnificent prophetic apparitions such as the Woman clothed with the sun, with the moon under his feet and a crown of twelve stars on his head.

The two pillars of dramaturgy, But, si rivolgono in particolare alla questio della quantità intesa come somma di individui accomunati da una missione profetica – tra conquista e terra promessa – e a quella dell’acqua, vital element to the achievement of divine and human purposes, to the conscious and unconscious representation of this element. The battlefield of imagination is as wide as the universe, the seismic roar that overwhelms every border of reality reaches the peak of a concert of light and dark where everything seems to stop, the mutant shapes and the space around, in unison with the amazing electromagnetic waves.

Then comes the Lamb and time stops, as on the event horizon. The lamb has human eyes and looks at us, teaches us, l’imprinting fa scorrere veloce dentro di noi l’altro boato di immagini che sono il nostro presente, real and true raw.

The vision belongs to us because it is what we see, we live, and which outlines our apocalypse by revealing and unveiling our internal and external cataclysm, our being thrown into the world and the very world we live in for an insignificant time, a spark.

Il sacro è immagine dall’inizio, penso che ogni religione abbia all’origine un’immagine, anche quelle che non contemplano la figura umana o il volto compongono segni e scritture, costruiscono templi e luoghi sacri dalle forme grandiose che prima ancora di essere frequentati hanno lo scopo di essere immaginati, narrati, visitati prima dalla fede e poi dall’incessante errare pellegrino di ogni essere umano.

Almeno una volta nella vita si dice per alcuni credenti, ma nel frattempo già l’immagine si è formata nel corpo e nell’anima, magari tramite forme e colori differenti, visioni diverse. L’immagine è sacra e profana al contempo, nella nostra Apocalisse l’imagoturgia si relaziona con lo spazio esistente ricostruito per l’azione, imprime sui muri echi figurativi rinascimentali e contemporanei, l’Agnello di Dio è tra gli agnelli al pascolo, è tra i bambini e le cicogne della discarica di Dandora, tra le pastore resistenti ed erranti tra monti e valli, in transumanza perenne tra natura e poesia.

La cupola roteante del Correggio di San Giovanni Evangelista accarezza la volta in ferrocemento di Pierluigi Nervi e abita la cupola della Fabbrica, luogo di lavoro operaio e vicende umane, fatica e sacrificio. L’azione, la voce, il canto dal vivo e l’immagine fanno da ponte tra quelli che partecipano al rito e quelli che il rito lo compiono, insieme di nuovo al capro espiatorio, al dionisiaco.

L’imagoturgia di questa Apocalisse entra in relazione con gli spazi interni del grande complesso industriale, la composizione è realizzata tramite diverse modalità realizzative: la sovrimpressione di più immagini, in particolare – la cupola del Correggio della chiesa di San Giovanni Evangelista a Parma -, riprese documentaristiche di agnelli e pecore al pascolo, riprese dal vivo della discarica apocalittica di Nairobi – danno forma visuale a più strati, in un movimento d’insieme corale.

La sovrimpressione è stata ampiamente utilizzata dagli autori cinematografici negli anni ’20 e successivi con i primi esperimenti di surrealismo e futurismo visuale, come gli occhi roteanti di desiderio nella sequenza di Maria’s Dance, Brigitte Helm come lasciva Babilonia, in Metropolis (Apocalittica) di Fritz Lang, poi in seguito – ricordo i meravigliosi occhi daliniani nel sogno ipnotico di “Io ti salverò” di Hitchcock – è diventata pratica stilistica sempre più raffinata, così come l’illusione ottica.

Nella Sala dei Busti apparirà in lentissima dissolvenza incrociata la testa dell’Agnello mistico dell’altare di Gand, nel Polittico di van Eyck, prima e dopo il famoso restauro molto contestato. Gli occhi dell’Agnello, prima quasi invisibili e laterali, riemergono frontali e quasi umani.

Dal terrore dell’animale senza parola si torna alla parola che vive, al Logos.

Apocalypse

Four -year project on the Holy Scriptures 2021 _ 2024
Visual installation + Performative work

Dramaturgy, imagoturgy
Francesco Pititto
Composition, installation, wrappers
Maria Federica Masters
Musica
Andrew Azzali
Interpreters
Fabrizio Croci, C.L.. Grugher, Boris Kadin, Sandra Soncini, Tiziana Chapel
Soprano
Victoria Vasquez Jury
documentary extractions
Anna Kauber
Video shoot
Julius Muchai // Friends of Kibiko ODV Association
Project care
Elena Sorbi
Organization
Ilaria Stocchi
Communication, Press office
Elisa Barbieri
Diffusion, graphic care
Alessandro Conti
Technical care
Alice Scartapacchio
Assistant
Giulia Mangini
Technical assistance
Lucia Manghi, Paolo Romanini, Dino Todoverto

documentary extractions
Anna Kauber
Video shoot
Julius Muchai // Friends of Kibiko ODV Association
Photographic documentation
Anna Kauber

Production
Lenz Foundation

Giuseppe Liotta – Hystrio 4/2023

La rappresentazione sta alla larga da qualsiasi tipo di convenzione scenica/teatrale e procede, in maniera spesso stratificata, per accumulo di situazioni: una serie di momenti epifanici, di apparizioni improvvise dove si rivelano le condizione storiche e materiali che ostacolano la vita spirituale e concreta dell’uomo sulla terra.

Un esplicito richiamo alla Classe morta di Kantor ci riporta su un terreno più strettamente teatrale, mentre si fatica ad accettare quel liturgico e panico pensiero teatrale che mette tutto insieme, reale e virtuale, corpo e anima, sculture e attori in carne e ossa, simmetrie e squilibri perforativi, ricerca della condivisione con lo spettatore e il suo palese, voluto spaesamento.

 

 

Mario De SantisHuffpost

“Apocalisse”, passo ulteriore del lavoro rigoroso che contraddistingue Lenz Teatro, in modo poetico sovrappone le narrazioni apocalittiche bibliche a quelle catastrofiche dell’Antropocene, rileggendone il cuore mistico come profezia del infra-tempo. Il suo focus non è il futuro ultimo o la fine della storia, ma il fine di essa che si rivela non nel sacrificio dell’Agnella che si compie prima della Gerusalemme celeste ma, nella catastrofe quotidiana, è presa di coscienza di una storia che si rivela anche nei suoi choc. Nel passato che rivela un futuro in una voragine immaginifica, quale è anche un’opera d’arte come “Apocalisse” di Lenz, That – con i suoi intrecci di logos e imagoillumina da dentro.

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Renzo Francabandierapaneacquaculture.net

Si tratta di una creazione rara e maestosa nella sua portata, una sfida davvero incredibile considerando che l’ambiente è occupato quotidianamente anche dal cantiere di restauro e con cui, durante le prove, gli artisti hanno dovuto alternarsi in un tentativo di insinuare l’arte in un contesto davvero complesso. Ecco quindi che la creazione, nella sua assoluta limpidezza, nella coerenza che contraddistingue l’opera di Lenz, potremmo dire quasi le ossessioni formali dei due registi, si eleva a un livello artistico notevole.

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Maria Dolores Pescedramma.it

Una riflessione che non confonde i suoi strumenti di indagine, affidandosi con inusuale e inusitata purezza alla lente mistica della parola creatrice che è strumento prima della gnosi, e poi dell’immaginazione e dell’immagine, che non è tanto prodotta quanto dall’immaginazione catturata, esistendo forse indipendentemente da essa ma prendendo forma e vita solo attraverso di essa.

Una gnosi che, se vogliamo rimanda tra gli altri a Dostoevskij sulla cui concezione del mondo Nikolaj Berdjaev così scrisse: “la concezione di Dostoevskij è prima di tutto dinamicada un tale punto di vista dinamico in Dostoevskij non vi è contraddizione alcuna. Egli realizza il principio della coincidentia oppositorum”.

Universi paralleli, si direbbe, in improvvisa comunicazione, sacra continuità ed umana imprevedibilità che paradossalmente e felicemente si connettono; Francesco Pititto e Maria Federica Maestri ricostruiscono con consapevolezza e profondità il legame spesso dimenticato tra storia ed eternità, tra umano e divino (oltre ogni fede), tra corpo e spirito a partire dallo stesso ambiente che accoglie questa imagoturghia.

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