LA VITA E’ SOGNO_2003

Il sottile margine tra sogno e vita, l’incerta linea di confine che separa, intreccia, interseca la realtà e l’irrealtà. Come diceva Artaud, si tratta di “dare alle parole all’incirca l’importanza che hanno nei sogni”. Così per Lenz Rifrazioni l’incontro con La vita è sogno di Calderón de la Barca, avvenuto per progressivi avvicinamenti già a partire dal Sogno di una notte di metà estate di Shakespeare nel 1998, rappresenta anche un approdo fondamentale: “la relazione tra reale ed irreale, tra vita e sogno, tra normalità e non normalità è diventata per Lenz Rifrazioni la questione fondante della propria visione estetica e politica del teatro – scrive il drammaturgo e regista Francesco Pititto – Paradossalmente la condizione del protagonista del Sueño – Segismundo – sembra appartenere maggiormente alla condizione umana dell’attore diversamente abile, così come già accaduto per l’Ham-let di Lenz Rifrazioni. Il labile margine tra realtà e sogno, tra verità e finzione è meglio abitato dall’attore che abitualmente in quel margine vive la propria vita reale; “lì vi abitano i poeti” direbbe Hölderlin. L’attore dotato di piena consapevolezza ha, invece, la straordinaria opportunità di stabilire una relazione-ponte tra questi due stati, di introdursi – finalmente guidato da mani esperte – in percorsi finora oscuri e misteriosi. La capacità di lavoro comune degli attori, normalmente dotati e sensibili, sui diversi stati emozionali dei personaggi – e quindi sul linguaggio e sul senso drammaturgico profondo – si arricchisce reciprocamente, se sviluppato in situazioni di reale integrazione.” Così il lungo lavoro laboratoriale, iniziato quattro anni fa prima sul Faust di Goethe e poi su La vita è sogno, condotto con attori con disagio psichico, ha lasciato segni profondi, memorie stratificate di volti, di gesti, di parole, che si affollano nel tessuto visivo, attorale e musicale dell’opera di Lenz Rifrazioni.

Un procedere nella ricerca drammaturgica per germinazioni e concatenazioni successive, che ha visto i progetti monografici e pluriennali di Lenz Rifrazioni approdare a Calderón dopo il passaggio shakespeariano e faustiano. Dalla “piena verità della finzione” di Amleto alla dura verità del “disinganno” di Calderón. E dal Faust II di Goethe, ultimo approdo della ricerca faustiana di Lenz nel II00II, a La vita è sogno: “In Calderon, che non è semplicemente didattico né gelidamente concettuale, vive uno dei rari esempi di letteratura allegorica che non ha perduto il contatto con il reale, grazie ad un utilizzo molto personale di un simbolismo perfettamente adattato alle necessità della scrittura drammatica, secondo una visione in cui l’intensità filosofica, religiosa e poetica non avrà eguali se non nel Faust II di Goethe.” scrive Didier Souiller nel suo saggio Calderon e il grande teatro del mondo.

Incatenati dalle maglie di un’infinita catena che si moltiplica e invade la scena insieme a elementi tubolari orizzontali e obliqui, personaggi e oggetti abitano lo scenario barocco de La vita è sogno, che si inoltra nel rococò del tempo relativo, viene lacerato dalla contemporaneità, da segni post-pop, dai costumi-involucro degli attori che si fanno tratti estetici attivi in relazione sintattica con l’intero discorso scenico.

Sigismondo rinchiuso nella torre lamenta un disperato “¡Ay mísero de mí! ¡Ay infelice!”e nella sua voce si riverberano le voci campionate e modificate di altre sofferenze, di altre miserie. Il risveglio di Sigismondo nei palazzi sontuosi del re Basilio, dove si celebrano la maestà e la pompa, prelude all’amaro ritorno nella torre, in un’implacabile e circolare alternanza di illusione e disincanto, perché “tutta la vita è sogno, e i sogni sogni sono”.

La drammaturgia del Sueño calderoniano si compenetra nell’opera di Lenz Rifrazioni all’Imagoturgia di sequenze di undici dipinti in movimento: “una sovraimpressione, somma, con/fusione degli stati della memoria, una mescolanza dei segni e dei sogni.”

Un altrove che si sovrappone al qui e ora della scena.

La drammaturgia musicale è costituita dalla scrittura e composizione di una vera e propria partitura originale, un continuum musicale che si snoda come un mosaico arboreo, dove è metronomicamente scandito il trascorrere del tempo e dove si insinuano l’iberico tango e musiche pop. Tutto Il mondo sonoro de La vita è sogno nasce dalla rielaborazione di voci e rumori raccolti durante i laboratori teatrali: l’ippogrifo “corre veloce come il vento” con un galoppo ricreato a partire dal suono ritmico del battersi il petto. L’uso di situazioni riverberate crea la sonorità profonda che evoca lo stato del sogno di Sigismondo. I pianoforti romantici, allusivi di sogni kleistiani, echeggiano insieme agli archi di classici quartetti e a catene ritmate: suoni che slittano e oscillano tra la realtà scenica e la loro rappresentazione sonora in un continuo con/fondersi percettivo.

La vita è sogno di Lenz Rifrazioni è ospite del Festival del Teatro Classico di Almagro (Spagna) nel II004.

Du edles Wild.
Tu nobile bestia.
Friedrich Hölderlin,”Im Walde”

Non si tratta di sopprimere la parola articolata, ma di dare alle parole all’incirca l’importanza che hanno nei sogni. Antonin Artaud

Quell’intenzionalità di cui Goethe dice che la sua apparenza inerisce a ogni opera d’arte disperde nell’ideale dramma romantico di Caldéron precisamente il lutto drammatico.

Perché tra i congegni meccanici della nuova scena c’è Dio. Walter Benjamin

La Vida es Sueño significa: è sogno pensare che il linguaggio possa smaterializzare, ovvero: il linguaggio è sogno di fronte all’essenza, di fronte al simbolo. Massimo Cacciari

Il “Cristo sorretto da un angelo” di Antonello da Messina rappresenta la sintesi perfetta del dramma della Passione. “L’Angelo manifesta l’inconcepibile ricchezza dell’Invisibile, l’infinità dei nomi del Non-dove e suscita, insieme, la straordinaria vis immaginativa che abita l’uomo.”, scrive Cacciari. E’ da questo Non-dove che occorre iniziare, nessun luogo in cui l’arte della rappresentazione possa diventare visibile. Solo una potente e ossessiva ricerca può immaginare tanto da ricreare un Non-dove in cui il teatro si possa mostrare. E svanire.

RIPRESE FILMATE AL PRADO. ANTONELLO DA MESSINA, EL GRECO, VELÁZQUEZ, RIBERA, ZURBARÁN, VERMEER, REMBRANDT.
CASA DI LOPE DE VEGA.
MADRID CONTEMPORANEA. HOTEL INGLÉS.

spirale riflessione a spirale
stato creaturale creatura-natura-regalità
stato di grazia colpa peccato originale
dramma del destino destino astrale
espiazione non punizione etico
deviare il corso delle stelle libero arbitrio
determinismo calvinismo marionetta
cappa e spada

silva décima romance redondilla quintilla octava

– dort als Spieler

ein Engel hinmuß, der die Bälge hochreißt.
Engel und Puppe: dann ist endlich Schauspiel.
là come attore
un angelo viene a metter dritti i pupazzi.
Angelo e marionetta: adesso è il teatro.
Rainer Maria Rilke, “Die vierte Elegie”

Il mio Cristo sostenuto da un Angelo si soprappone alle immagini del laboratorio con gli ex degenti del manicomio di Colorno. A queste si sovrappongono quelle di Segismundo e Basilio. A Segismundo nudo con catena si sovrappone Segismundo nudo con catena. Il primo è donna, il secondo uomo. La figura a sinistra è Clorilene.

“Aguaespejo Granadino

Un corto ensayo audio-visual de plástica lirica Matemàticas de Dios. Elque más da más tiene. La vie n’est qu’une expression au ralenti et moi je cherche à la comprimer jusqu’à la transformer en extase: en éternel instant.

Auteur-realisateur : José Val del Omar
1944 – 16 mm – N&B/Couleur – Espagne – VO – II1′
Image: José Val del Omar – Son : José Val del Omar – Montage : José Val del Omar
Production: José Val del Omar
Distribution: Cinémathèque d’Andalousie”

Plastica lirica Matematica di Dio. Chi più dà più riceve. La vita non è che un’espressione rallentata ed io cerco di comprimerla fino a trasformarla in estasi. In istante eterno. José Val del Omar

La visione di tre corti di José Val del Omar mi ha fornito stimoli indiretti ma concettualmente e formalmente importanti; un pensiero sull’estetica barocca spagnola con uno sguardo contemporaneo, con uno strumento tecnico-linguistico in perfetta armonia di rimandi, di metafore in dissolvenza, pieghe, movimenti ondulatori, parodossi visivi. Un susseguirsi dialettico di forme in cui l’apporto di altre culture – quella araba ad esempio – è il motore principale di tale potenza ritmica.

La soglia tra sogno e realtà, il limite. Una parte di qui e una parte di là. Una linea che non c’è.

Il film.

Una Imagoturgia delle visioni, metamorfosi, epifanie, documenti della rappresentazione. Nella vita e sulla scena. Voi di nuovo qui/figure mosse -, come per Faust un ritorno all’origine, al Geisterreich. Gli attimi si confondono, si sovrappongono e si uniscono per poi dividersi, allontanarsi dalla scena della vita. Quel che è stato e quel che è. Non-cinema, non documentario, tanto meno fiction ma solo immagine.

L’immagine è solo la messa in scena di se stessa.

Madrid. Nella piazza la statua di Caldéron de la Barca sembra guardare a distanza le spalle della statua di Garcia Lorca. Entrambe guardano il teatro che a sua volta le guarda. In plaza Mayor la gente passa e si allontana dai suoi tanti angoli e passaggi per le vie di Madrid. Nelle stanze dell’Accademia di San Fernando riposano, tra le altre, le due opere di Goya “El Entierro de la Sardina” e “Casa de Locos”. Due luoghi della mente in cui svanisce la nostra figura femminile, due visioni che urlano la festa pagana e la follia del reale.

Semíramis da “La hija de l’aire”, Julia da “La dévocion de la cruz”, Angela da “La dama duende”: tre figure femminili di Caldéron nel corpo di una sola donna. A sua volta la donna – l’attrice – incorpora la moltitudine di segni/semi raccolti in tanti incontri con altre donne, frequentatrici dei margini della vita – Una linea che non c’è.

Titolazione delle sequenze. 11 dipinti in movimento

Della Pietà.
Sovraimpressione, somma, con/fusione degli stati della memoria, mescolanza dei segni e dei sogni. La Pietà di Antonello e la Pietà del Teatro, bellezza e durezza, umanità e animalità dei sensi. Composto di ragione e sragione.

Clorilene.
La Madre che non c’è, la “Tigre Assenza” che tutto pervade, che tutto determina, morendo.

Passi.
Altrove tutto scorre, l’inizio è il traguardo. E viceversa.

Hotel.
Altrove tutto vive, nella “Casa de Locos” adesso vuota, il teatro parla muto.

Plaza.
Nella piazza delle statue, il Seicento e il Novecento, Caldéron e Lorca non incrociano mai gli sguardi. Occorre muoversi e toccarli per scoprirne l’intimità.

Ritratto.
Rosso, blu e color platino. I colori della finzione sostituiscono per l’occasione il motivo del moto drammatico. Cappa e spada.

Smoking.
Semíramis de “La hija de l’aire”, Julia de “La dévocion de la cruz”, Angela de “La dama duende”. L’immagine implode fino a svanire nel rosso del fuoco.

Orecchie.
La Danza del Figlio che vuole ascoltare e toccare quel che appare ma che forse non è. Fato e trasfigurazione.

Rosaura blu.
La donna guerriera, tra spade e scimitarre, rivendica il proprio essere donna. Domina il luogo neutrale una tenue luce azzurra e grigia.

Accademia.
Scorrono, lottano con movimenti differenti le opere dei Grandi Creatori di Immagini. Il Teatro rincorre, scorre, lascia e rilascia. Che enigmi sono questi, cielos?

Sardina.
Teatro e Follia, Profano e Sacro, Carnevale e Quaresima. La Sepoltura della Sardina e la Casa dei Folli attraggono, risucchiano, in/corporano l’Attrice nutrice. Insieme danzano e ridono. E’ sempre tempo di festa. E’ sempre tempo di vita e sogno.

Note plastiche di Maria Federica Maestri

Dal barocco al rococo’ del tempo relativo.
Rocaille – capriccio.
Architettura ispirativa: il trasparente.
Muro: superficie ornata continua.
Tendenza retorica del barocco: gioco di elementi fugaci e caduchi.
Bacheca in cui il santissimo sacramento può essere esposto e venerato tanto dal coro quanto dall’ambulacro della chiesa.
Cappella senza pareti fatta di luce.
Lo scenario viene illuminato dall’alto.

LA VITA E’ SOGNO

di Pedro Calderón de la Barca

traduzione | riscrittura | drammaturgia | imagoturgia || Francesco Pititto
regia || Maria Federica Maestri | Francesco Pititto
installazione scenica | liriche plastiche || Maria Federica Maestri
musica ed elaborazioni elettroniche || Adriano Engelbrecht | Andrea Azzali
interpreti || Giuseppe Barigazzi | Giuseppe Imprezzabile | Elisa Orlandini | Alessandro Sciarroni | Sandra Soncini | Barbara Voghera
disegno luci || Rocco Giansante
atto critico || Giulia Mirandola
produzione || Lenz Rifrazioni
première || Lenz Teatro, Festival Natura Dèi Teatri, Parma, 2003
durata || 120 minuti con 15 minuti di intervallo

Lo spettacolo è stato presentato al Festival Internazionale Natura Dèi Teatri, Parma, al Maffia, Reggio Emilia, alla XXVII edizione del Festival de Teatro Clasico de Almagro, (Spain), al Teatro Nuovo, Napoli.

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