LENZ E LA CLASSICITÀ

Contemporary Performing Project 2014 nel Palazzo Ducale di Parma

Direzione Artistica | Maria Federica Masters | Francesco Pititto

Nel periodo settembre – ottobre 2014 Lenz Rifrazioni realizzerà negli spazi del Palazzo Ducale di Parma e a Lenz Teatro un ampio programma di creazioni performative e installazioni visuali e sonore dedicate alla relazione tra il linguaggio artistico contemporaneo e la Classicità.

Il progetto deve essere inteso come un processo di trasduzione in gesto teatrale contemporaneo delle opere presenti nei diversi spazi del Palazzo Ducale, alla ricerca di una convergenza estetica tra la classicità del contesto storico e il radicalismo inquieto della riscrittura segnica di Lenz.

WORKS

HAMLET SOLO from Hamlet by William Shakespeare
25 – 27 settembre h 21
Sala degli Uccelli, Palazzo Ducale di Parma

PENTESILEA di Heinrich Von Kleist
2 – 4 ottobre h 21
Sala del Bacio, Palazzo Ducale di Parma

THE GLORY di Gabriele d’Annunzio
11 ottobre h 21 – 12 ottobre h 18 e h 21
Sala Majakovskij, Lenz Theatre

VISUAL | INSTALLATIONS

CICLO AENEIS di Francesco Pititto
AENEIS IN ITALIA di Francesco Pititto
L’ISOLA DEI CANI di Francesco Pititto
IO | DAPHNE di Francesco Pititto
DIDO di Francesco Pititto

LENZ LA CLASSICITA’ E IL CONTEMPORANEO

La nostra prima creazione teatrale portava il titolo “Lenz” e si trattava di un adattamento drammaturgico/filmico della breve novella di Büchner Lenz, precisely. Un classico, un piccolo libro straordinario di un autore le cui opere avrebbero segnato profondamente tutto il teatro del novecento e quello contemporaneo: Woyzeck, Leonce in Lena, la Morte di Danton. La novella raccontava gli ultimi giorni di vita di Jakob Michael Reinhold Lenz, il drammaturgo tedesco diventato folle, autore di alcune opere teatrali diventate poi dei classici come “Il precettore” e “I soldati”. Da quella prima creazione in poi ogni nostro progetto ha fatto riferimento, sia come drammaturgia sia come immaginario, ad un autore classico: Hölderlin, Goethe, Kleist, Shakespeare, Calderón de la Barca, Eliot, Ovidio, Virgilio, d'Annunzio, Manzoni e tra breve Ludovico Ariosto. Probabilmente il punto focale di tale accanimento d’indagine e di ricerca artistica è la definizione di Tempo, il tempo che separa l’epoca del mito, del divino e della bellezza dal tempo presente, dalla “contemporaneità”, quello spazio temporale che sembra tenerci separati, distanti dai luoghi dell’arte classica ai quali invece, pensiamo di appartenere. Occorre però che questo tempo ci indichi la relazione, quale origine, quale modalità di confronto, quale distanza. Scrive Jean Luc Nancy: “l’arte chiamata contemporanea non è semplicemente quella che si può datare a oggi. E’ detta contemporanea perché essa non eredita alcuna forma né referenza. Non può essere l’arte del sacro né quella della gloria, né quella di una presunta natura o destino dei popoli. Essa eredita soltanto l’enigma portato da questa parola – ARTE – che fu inventata nel momento in cui cominciarono a sottrarsi tutte le figure di una possibile “rappresentazione”. Essa è contemporanea della propria erranza e della nascita sempre incerta e tremante di forme che sarebbero proprie di un incontro mancato di tutte le proprietà ricevute”. Pensiamo che il tempo del contemporaneo sia necessariamente discontinuo, l’artista contemporaneo aggiunge, divide, toglie, sostituisce il proprio tempo, lo “sente” nell’intimo, lo mette in relazione con altri tempi, sprofonda nel passato e si tende al futuro. “Nel contemporaneo tutto deve ancora accadere. E insieme è già accaduto” come riflette acuto Marco Belpoliti. Il continuo rifrangersi nell’opera classica, sia essa letteraria o poetica o visiva, diventa perciò per noi prassi linguistica costante nella ricerca estetica, nella metamorfosi di forme e di segni, nel ripetersi della Storia; indagine errante e incerta, balbuziente avrebbe scritto Paul Celan. Nel Salone degli Uccelli, nella Sala del Bacio, nella Sala di Erminia, nella Sala dell’Ariosto del Palazzo dei Duchi di Parma l’Ippogrifo che trasporta Ruggiero porterà anche noi nell’isola di Alcina, con Amleto, Pentesilea ed Ermengarda a ricordarci il tempo infinito delle passioni e fragilità umane.

 

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