Hans Christian Andersen

Adottato da sempre come metodo di ricerca, lo scivolamento kleistiano di un autore nell’altro (da Kleist a Shakespeare, da Shakespeare a Calderón de la Barca, da Goethe ai Grimm), tramite elementi drammaturgici che già annunciano l’opera futura, ha condotto Lenz Rifrazioni a due fiabe di Hans Christian Andersen: “Le scarpette rosse” (De røde Sko) e “La Sirenetta” (Den lille Havfrue).

Dalla messa in scena della tetralogia dei Grimm – “Biancaneve” (Sneewittchen), “Cenerentola” (Aschenputtel), “Cappuccetto rosso” (Rotkäppchen) e “Pollicino” (Daumesdick) –

e dal triennale progetto “Faust” hanno avuto origine le motivazioni profonde della traduzione scenica delle due opere di Andersen, tra le più conosciute al mondo.


Dalle rosse scarpette indossate da Margrete nell’”Urfaust” di Lenz Rifrazioni e provenienti dalla fiaba dei Grimm “Sotto il Ginepro” (Von dem Machandelboom), alla sequenza dei “delfini, alghe e balene” nel “Faust II”, fino alle mbre/uomo/lupo del “Cappuccetto Rosso” rielaborato, i riferimenti profetici alle fiabe di Andersen erano già presenti in corso d’opera.

La premessa teorica e poetica per una loro rielaborazione drammaturgica contemporanea non può, allora, che ripercorrere la stessa via tracciata per il progetto “Grimm” (2002-2004) e il riconoscimento di
pubblico e critica – Parma, Torino, Bologna, Roma, Lille, Arles, Evry, Madrid, Olot, Il Cairo, ecc. – sta a rappresentare un ulteriore stimolo all’approfondimento artistico.
Anche “La Sirenetta” e “Le scarpette rosse” sono, per noi, i corrispondenti nordici dei miti greci – Ifigenia, Clitennestra, Elettra, Antigone, Filottete, Edipo, Elena -, come affermavamo per gli eroi e le eroine dei Grimm. “E’ la stessa eccentricità tragica che si imprime nei loro destini segnati da morti, magie, sacrifici, metamorfosi. La loro peripezia terrestre si manifesta in una sequenza di esperienze estreme, malattie, tormenti, molestie, accecamenti, amputazioni, torture, maltrattamenti. Nelle elaborazioni sceniche.di Lenz Rifrazioni questi segni eccessivi vengono privati dell’iperbole effettisttica della finzione o dell’animazione e ripurificati dal raggio morale della verità del teatro (e della fiaba stessa).

La rappresentazione minuta e plastica degli accadimenti tragici della fiaba si rivela nell’evocazione abnorme degli atti reali compiuti. I corpi degli attori di Lenz Rifrazioni ospitano nei loro involucri innevati la paura, il dolore, l’infelicità ed erompono sulla scena non protetti dall’infanzia; non raccontano la fiaba, sono la fiaba.”

La presenza, poi, di grandi attori sensibili (portatori di cosiddetta “disabilità” nella vita quotidiana) negli allestimenti teatrali esalta e perfeziona tale energia tragica, trascinandola oltre il margine della scena, oltre la soglia del sentimentale. Il mistero della mutazione, della metamorfosi, della differenza diventa allora esperienza soggettiva rievocata e fatta risorgere come una nuova epifania del mondo.

Del mondo di sopra o di sotto il mare non ha più importanza, la loro anima è certamente immortale.
NEVER IDEM

Il corpo della fiaba non è oggetto inerte di una percezione sensoriale stabile, ma categoria transitiva dell'esperienza estetica del vivente. Formae mutatio.
Il contorno fisionomico non si confina nella deputazione rappresentativa di se stesso, ma per desiderio di rinascita è tratto mutante dell’azione trascendente dell’estasi sentimentale.

Il corpo fiabesco non perpetua l’immagine dell’installazione cognitiva ma si sacrifica al verbo dinamico della drammatizzazione metasifica. Perdendo la limitazione emotiva del suo apparire il corpo si dispone al martirio espressivo della sua essenza organica.

Il momento supremo della fine si manifesta con la perdita dei fluidi

corporali; il corpo della fiaba inizia il suo dissolvimento lasciando come testamento organico, una nuova silhouette psico-fisica. Schiuma d’anima? La forma dell'estasi benedetta dalla prova è all'opera nel mutare del corpo nato non governato dalla forma perdurante regina nella storia. Nella fiaba dove troneggia il tempo della perdita, la sventura degli agnelli con due teste non appare la vetrina del veduto, ma il vetroso potere della diamorfosi corporale.
   
VISUS PERFORMANCE.

Atrofie impressive e ipertrofie concettuali: per restaurare la sostanza poetica del nucleo tragico della fiaba.

Ripuliture delle cornici di eredità infantile, e rigenerazione del destino di deriva rilkiana: la soglia.

In macro espansione sensoriale e in micro estensione materica, la soglia traccia la linea perpetuamente spostata di Desiderio_Mutamento_Trascendenza. Nel corpo si localizza la funzione della soglia.

 

Hans Christian Andersen (Odense, 2 aprile 1805 – Copenhagen, 4 agosto 1875)