Faust II dal Faust di Wolfgang Goethe
Trasduzione delle tre stesure dell' Opera Goethiana Nuovi corpi d’attore, nuovi paesaggi scenici compongono questa summa del Faust II: i chiaro-scuri dell’originario tragico assumono i colori vivaci di una contemporaneità post-pop e disneyana, in un caos immaginifico e fantasmagorico che aderisce profondamente all’affresco di Goethe.
E’ nella "giustapposizione continua di apparenza umana e di apparenza inumana", come l’ha definita Franco Fortini nell’introduzione al Faust da lui tradotto integralmente, la più chiara analisi della messa in scena di Lenz Rifrazioni. Una giustapposizione che Fortini fa risalire alla visione di un Puppenspiel, ovvero di un Faust per marionette, che Goethe ebbe occasione di vedere ancora adolescente e la cui suggestione lo accompagnerà per tutta la vita, dall’inizio della scrittura faustiana, non ancora trentenne, fino al compimento ultimo a ottant’anni.
Così Lenz Rifrazioni recupera e rende omaggio a questa visione fin dalla prima scena del Faust 2, quella "Dedica" che nel testo originale di Goethe era situata all’inizio dell’opera e che riparte qui dal Puppenfaust di cui parla Fortini, rievocando con nostalgia la visione dei burattini visti da bambino, mentre il vecchio poeta drammatico classicamente vestito stringe tra le mani un libro dedicato alla vita di Walt Disney, creatore sommo di fantasmagorie. E la fine di Faust, cieco alla morte, avverrà nel frastuono di un girotondo di Paperi "disneyani", lontani e vocianti, echi infantili di un uomo che muore. Venti scene compongono il Faust II nella riscrittura in versi di Francesco Pititto, che ne cura la regia insieme a Maria Federica Maestri, creatrice delle scene e dei costumi.
Il compimento dell'imponente opera musicale di Adriano Engelbrecht e Andrea Azzali si inscrive nel percorso di una suite: un procedere per sequenze di nature sonore profondamente differenti e formalmente distanti tra loro. L’affresco che si offre all’orecchio è un itinerario nel corso dei generi e delle forme musicali, dal richiamo bachiano di un ricercare allo scandirsi di bassi, batterie di lieder pop, dalle elaborazioni timbriche di alcune celebri songs di Sinatra alle incursioni melodiche di violoncelli, viole e percussioni programmate.
Il percorso drammaturgico inizia dal risveglio di Faust. Cessata la battaglia del suo cuore e svanito il rimorso per la morte di Margherita, esce impunito dall’involucro del sonno e inizia il cammino di purificazione dell’anima tra miti antichi e saghe medievali. Ariel, che chiudeva il Faust I, sospeso da una nuvola di palloncini neri riaprirà al paesaggio nuovo, alla nuova impresa verso il Palazzo dell’Imperatore, verso la Galleria Oscura dove Faust incontrerà le Madri e la Chiave per riscoprire la bellezza nuova, la fisicità dell’anima, rappresentata dal corpo eroico di un uomo che può sollevarsi in piedi solo con l’aiuto di Faust. Nella Sala dei Cavalieri l’incontro con Elena e Paride indicherà la via per il nuovo mondo verso il quale s’intravedono nuove aperture. Le Sirene e i Delfini, Erichto e le Lamie, via per l’Alta Montagna e la Campagna Aperta dove Filemone e Bauci subiranno l’ultima violenza.
Tutto si conclude con la morte di Faust e l’ascesa al cielo della sua parte immortale. "Una Penitente, già Gretchen" come indica Goethe, lo accoglie al passaggio tra la terra e l’etere, mentre nell’ultimo passo prima della soglia risuona un frammento dell’Iperione di Friedrich Hölderlin, nostalgia degli streben giovanili faustiani.
Note di regia sul Faust II di Maria Federica Maestri
Il Faust II è la drammaturgia terminale dell'accanimento progettuale di Lenz Rifrazioni sul Faust di Goethe. In opera di Corpo è Faust, alla ricerca di materia morente e rinascente, sede transitiva dell'esperienza estatica del divenire. Faust in bonifica di geografie biologiche, in tracciato di nuovi confini alla deputazione intellettiva incide su di sé i tratti mutevoli degli eremiti della vita. Faust erede di arie nere, di mondi senza il colore del colore, innalzato su piedistalli di solitudini sensoriali, saluta l'alba del nuovo paradiso. Al centro della cosmogonia dei sorgenti dèi sta l'Imperatore, maestà corta e pomposa del palazzo del teatro. Patriarca della pantomima induce Faust alla festa cortigiana, e lo stringe nell'abisso muto dell'essere gigante nanuto. Mescolanza di natura e intelligenza la doppia giovinezza di Mephisto, cromosomica di mattana e sesso doppio, si conficca nei suoi fianchi femminili. Alla vista delle madri intestinali che annunziano vita e presagiscono morte, Faust s'inchina al verbo dinamico della ruota, carrozza preferita della drammatizzazione metasifica. Faust in volontà di immagini perpetue, di installazioni cognitive eterne, si infigura in destini sgraditi di eroi immoti, a ricercar la chiave del vero potente. Intrecci di memorie tetraplegiche, si mostrano Paride ed Elena, perle solitarie nel vuoto divino senza ritorno. Al rovescio di vecchiezza, malattia, deformità del canonico apparire, Faust vede potenza ed essenza di purezza. Cercatore d'oro umano, Faust nel Far West neoclassico del suo culto d'occidente impone all'ultimo presidio di essere svelato, e cinge d'assedio la capanna funebre in guisa canoviana di Filemone e Baucide. Vecchi, come i pellicolati di tribù nominate per sempre nei ricordi dell'infanzia, abbandonati dagli dei della natura, soli nella prateria senza selvatici venti, acque, alberi, bisonti, aquile, cavalli, sono uccisi dalla verità senza sogni, dal tempo senza eternità. Di questi cieli morti muore per contagio Faust e ritorna nella Tebaide senza cuori, dove incontra la fanciulla che fu Margherita, che irrisa e impazzita resuscita come Diotima bambina, vera eroina del poeta turrito, nei panni dell'addio all'epoca dei canti di bellezza.
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