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Paradiso. Un pezzo sacro

Il progetto pluriennale di lettura e riscrittura per suoni ed immagini delle opere verdiane attraverso rielaborazioni di musicisti contemporanei prevede nel 2017 la rielaborazione sonora dei Quattro Pezzi Sacri. Il vero incontro tra Verdi e Dante avviene con le Laudi alla Vergine Maria, dall’ultimo canto del Paradiso, incluse nei Quattro Pezzi sacri (1898).


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Il progetto

DIVINA COMMEDIA

Installazioni Performative | Sonore | Ambientali site-specific


Il progetto pluriennale di lettura e riscrittura per suoni ed immagini delle opere verdiane attraverso rielaborazioni di musicisti contemporanei prevede nel 2017 la rielaborazione sonora dei Quattro Pezzi Sacri. Il vero incontro tra Verdi e Dante avviene con le Laudi alla Vergine Maria, dall’ultimo canto del Paradiso, incluse nei Quattro Pezzi sacri (1898).

Sono per voci femminili senz’accompagnamento: la santa orazione di S. Bernardo vi è intonata con pura trasparenza sonora, secondo quella casta sobrietà della polifonia classica che l’ultimo Verdi additò come una meta alla musica italiana, insegnando con l’esempio come davvero si potesse “progredire ritornando all’antico”. Concepiti e composti da Verdi ciascuno in modo autonomo rispetto agli altri nell’arco di dieci anni, i Quattro Pezzi Sacri vengono pubblicati nel 1898, pochi anni prima della morte del Maestro (1901). In un primo momento non vengono destinati alla diffusione, ma per volere dello stesso Verdi, gli ultimi tre, vale a dire Laudi alla Vergine Maria, Te Deum e Stabat Mater (1895-96), hanno visto una prima esecuzione pubblica a Parigi nel 1898.

Ma Verdi non vi presenzia: due anni prima era morta Giuseppina Strepponi e l’ormai vecchio Maestro di Busseto non si sente in grado di affrontare il lungo viaggio e la grande fatica dell’esecuzione e direzione. È Arrigo Boito che si cura della preparazione del concerto e fa le veci di Verdi. L’unico dei Quattro Pezzi Sacri che non viene eseguito alla prima parigina è l’Ave Maria. Per la sua origine ha ben poche cose in comune con gli altri pezzi, eccezion fatta per il testo sacro. La composizione di questa viene prodotta da Verdi come puro esercizio di contrappunto. Verdi accetta la sfida e Boito si occupa del testo. L’ubicazione dell’autografo dei Quattro Pezzi Sacri è a tutt’oggi sconosciuta.

Introduzione



Dei Quattro Pezzi Sacri tre sono dedicati alla Vergine Maria. La figura femminile nel melodramma verdiano rappresenta la salvazione, l’innocenza. Violetta, le due Leonora, Aida, Amneris, Desdemona. Nel madrigale spirituale delle Laudi ogni parola di Dante diventa un’immagine musicale e di nuovo Das Ewig-Weibliche, l’eterno femminino di Gretchen del Faust, diventa redenzione. Nel nostro Paradiso agiscono, tra una moltitudine femminile, due sole figure maschili: Dante e San Bernardo. Ma il Paradiso che abitano è solo della donna, solo attraverso il corpo di Lei si può vivere, non vedere, la Luce.


L’acqua scorre dentro il ponte come acqua di sacco amniotico che contiene l’essere vivente. Benedictus fructus ventris tui_ Nell’evidente impossibilità biologica del concepimento incarnata dalla nostra Maria, ricurva per il peso degli anni e dal coro delle donne anziane, si manifesta la natura filosofica della maternità: la tensione al divenire due, al trasformarsi in nuovo, in altro, in ignoto. Corpi, voci, pensieri dentro morbidi involucri stesi a terra a delineare confini minimi, a proteggere identità senza volto. Singole voci evaporano dai sacchi e nell’aria si toccano, si aggiungono, si sovrappongono.


Nell’alzata e nella scoperta si riconoscono, una dopo l’altra, diventano nella somma coro, voce unica di voci cantanti. Je vous salue, Marie!, titolava Jean-Luc Godard l’opera filmica del 1984. Ave Maria! Il mistero è già dentro la grande “borsa d’acqua”, è già in moto per l’alzata da terra verso il cielo, il grande corpo dei corpi si muove in verticale, inizia la salita nella notte oscura verso l’estasi, e poi la Luce.

Nel canto trentatreesimo della terza delle tre Cantiche, la Trinità come un buco nero gravitazionale, ormai raggiunto il collasso, ingoia l’universo delle terzine e degli incontri precedenti. Gli endecasillabi diventano mondi, pianeti, astri e galassie e tutto esplode nella sfera di Luce come la più potente delle Supernove.

Al limite del reale, al limite e oltre il linguaggio.


E non c’è più parola, solo canto, visione, pura intuizione, abbandono, silenzio. Irrompe su Dante/Paolo, l’immagine del nascituro benedetto, a sua somiglianza, il riflesso e la nostalgia di tornare ad essere Persona. Il monumento in vetro e acciaio, testimonianza ingombrante del limite umano, è abitato da una moltitudine di spiriti differenti, di illimitato voler tendere verso l’alto, oltre il limite dello spazio/tempo delle Laudi, oltre la musica del Maestro, oltre il linguaggio che ancora li confina in una rappresentazione senza tempo, tra lampi di immagini d’acqua, di sfere rotanti e avvento divino.

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