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Over Leonora Carrington_Distrazioni


OverBelovedFemaleArtists project


Composizione performativa e visuale ispirata a Le distrazioni di Dagoberto (1945), opera capolavoro di Leonora Carrington, artista radicalmente poliedrica, tra le più irriverenti e visionarie del movimento surrealista.


L’azione performativa è innervata drammaturgicamente dal terzo capitolo delle Cartografie del Dis- dal titolo ‘Movimenti di distrazioni eterotopiche stagionali’, scrittura parafilosofica di Orsola Rignani, docente di Storia della filosofia dell’Università di Parma, con cui Lenz condivide un complesso progetto triennale sui temi del Postumanesimo, corrente di pensiero e ambito privilegiato delle ricerche di Rignani.

Il progetto

Tableau Performativo

Over Beloved Female Artists



Over Leonora Carrington_Distrazioni è composizione performativa e visuale ispirata a Le distrazioni di Dagoberto (1945), opera capolavoro di Leonora Carrington, artista radicalmente poliedrica, tra le più irriverenti e visionarie del movimento surrealista.


L’azione_installazione si colloca in continuità con il lavoro di trascrizione performativa sulle performance di Gina Pane - Over Gina Pane_4 Azioni Sentimentali, primo paragrafo di Over Beloved Female Artists –progetto che mette al centro il pensiero e l’opera di artiste visive che hanno segnato l’identità estetica di Lenz e la storia dell’arte moderna e contemporanea – Leonora Carrington (2025), Marisa Merz (2026), Louise Bourgeois (2027).


L’azione performativa è innervata drammaturgicamente dal terzo capitolo delle Cartografie del Dis- dal titolo ‘Movimenti di distrazioni eterotopiche stagionali’, scrittura parafilosofica di Orsola Rignani, docente di Storia della filosofia dell’Università di Parma, con cui Lenz condivide un complesso progetto triennale sui temi del Postumanesimo, corrente di pensiero e ambito privilegiato delle ricerche di Rignani.


A dare corpo alle visioni alchemiche e alle immaginifiche figure femminili di Leonora Carrington, artista che ha attraversato molteplici linguaggi, pittura, scrittura, teatro, sono sei performer dalle identità femminili anomale, portatrici di bellezze perturbanti e di inquietudini esistenziali.


Introduzione

La doppia nursery



L’installazione è stata pensata site-specific per la Sala Steccata del Palazzo del Governatore di Parma – spazio espositivo che fronteggia le mura della basilica di Santa Maria della Steccata – innescando un potente rispecchiamento con gli affreschi del Parmigianino presenti nel Sottarco del presbiterio, affreschi che ritraggono Tre vergini savie e tre vergini stolte in sorprendente simmetria con le figure femminili protagoniste dell’opera di Leonora Carrington.


Le sei vergini del Parmigianino, il cui interesse per l’alchimia – altra analogia con la sensibilità di Carrington - ossessionò l’ultima parte della vita, penetrano nel mondo obliquo, tenero e crudele di Leonora, trasfigurando nel corpo_psichico delle performer un doppio universo pittorico e letterario.


Nello spazio nudo della sala galleggiano tra le onde visive trasmutate dalle vergini del Parmigianino e le increspature sonore della cantata sacra di Bach "Wachet auf, ruft uns die Stimme” (Svegliatevi, la voce ci chiama!) riferita alla stessa parabola, i corpi plastici di sei kajak, culle lattee per le performer sospese tra l’inconsistenza del reale e il desiderio dell’ignoto.



Svegliatevi



Nel passaggio da Bach alla contemporaneità, il canto si trasforma in un territorio sensoriale in cui la tradizione si incrina e si rinnova.

“Wachet auf, ruft uns die Stimme”, concepito come brano corale, si raccoglie qui in una sola voce: un filo sonoro che porta in sé l’eco di un risveglio collettivo.


In scena le sei performer restituiscono al canto una coralità visiva che si espande oltre il suono.

Il timbro solitario diventa così un organismo plurale, un richiamo che attraversa i corpi, le luci, le immagini proiettate.


La musica, spogliata di ogni accompagnamento, affida alla voce il compito di esplorare nuove intensità: sussurri, improvvisi slanci che vengono intervallati da momenti di silenzio che risulta quasi assordante.

Tra memoria barocca e tensione sperimentale, il canto si frantuma e si ricompone, divenendo materia viva, un richiamo che non può essere ignorato.

Attesa bianca


A che serve la bellezza? – ad aspettare la morte?

A cosa avvolge, a che edera morfologica avvinghia, perché ancora la necessità nascente, principessa insediante la materia?

Come rinunciare alla sua indelebilità se non ammalandosi incurabilmente della loro somiglianza.

Raggelante neuropatia.

Tutto si paralizza nello specchio perfetto dell’incipit patetico-patologico.

Essa è libera perché sta morendo in loro, formicolìo estetico, astenia, e dopo qualche apparente tempo statico l’epifania della sindrome acuta.

Al punto che è solo doloroso esistere fuori da quell’approssimarsi al morire.

E se fossero loro ad essere a lei ri-formate?

Attente alla diffusione virale del male.

Ecco perché si espande in pandemia.

Girotondi, brusii, inutili mormorii. Spesso borbottano.

Si ricorda che è proibito suicidarsi - spazio interdetto – clandestinità – segreto senza volto – zona opaca – si sfugge allo show. Tornare indietro: ammalarsi e aspettare.



Chi è distratta?


Chi è distratta? L’inesperta del mondo? La malata all’inizio, la capretta da sgozzare, la bimbetta del lunedì di Pasqua, quella trovata dentro l’uovo rotto? La mangiatrice di bignè al cioccolato?

Non lei in persona, lontana dalle galere dell’esibizione, ma lei in loro, ma loro in lei, come cavalcandole piena di gioia con briglie di porpora.

Esse sono lei – la materia umana – i suoi pianti, i suoi capricci, le sue risate, i suoi spasmi. E così si tingono dei pallori delle disgrazie gradite che esse insieme sono: eccezione genetica resistente al male poiché sono nate nel male o ad esse destinate.

Nate sbagliate non possono sbagliare, è questo che le rende incoscienze infallibili.


Imagoturgia

Imagoturgia per Distrazioni


Una ripresa video rapida e leggera, dentro la Chiesa di Santa Maria della Steccata, come un comune visitatore, con la testa all’insù verso il Sottarco, come partecipante a quella danza delle mani e delle braccia delle vergini.


Tre vergini accorte a portare la lampada ad olio, ad illuminare l’arrivo dello Sposo e tre sprovviste di quella luce che non illuminerà alcun sentiero di redenzione. Nonostante la separazione delle figure dell’affresco, a testimoniarne la diversa funzione sacrale, nella ripresa dal vivo si danza sotto il Sottarco per avere una visione d’insieme, un movimento semicircolare del corpo che allunga ulteriormente le figure femminili già tese con braccia e mani.


Nella trasfigurazione visuale ottenuta questo insieme virtuale produce una ri-definizione dei ruoli, le tre figure insieme alle altre tre vengono poste, in composizione/montaggio su un unico piano frontale, con un movimento artefatto di scorrimento verticale, con aggiunto un leggero effetto acqua. L’acqua che riflette, che rifrange.


L’imagoturgia sottende e partecipa all’azione performativa. Il segno primario assume una forma nuova, con il corpo diventa azione d’insieme, solo per il tempo della performance. Il fine ultimo dell’imagoturgia.


Le sei barche trasparenti e le sei naviganti attrici diventano così le forme nuove, e ai gesti immobili delle vergini rispondono con una nuova funzione estetica e compositiva, vita in movimento. Da un particolare del dipinto, di uno solo dei quattro elementi presenti – l’acqua – l’oggetto di indagine si espande oltre la tela, moltiplica la barca e la figura femminile che la guida, già navigando oltre la cornice.


I sei quadri video verticali, come onde fluttuanti, rifletteranno sui muri della sala sei pale visuali delle vergini del Parmigianino, in movimenti asincroni e tesi a comporre un unico affresco, portando all’eccesso la caratteristica dell’allungo pittorico e ad una ulteriore asimmetria.


Parmigianino come Carrington, come la scrittura parafilosofica, come l’installazione site-specific a comporre una sinfonia sperimentale di dis-trazione, di allungamento di forme pittoriche, di corpi e forze motrici che producano energia sperimentale, estetica e poetica, trascinante la performance in un altrove metafisico.


Le Distrazioni di un Re

Les Distractions de Dagobert del 1945 è tra le opere più significative di Leonora Carrington.

Un grande viaggio surrealista all’interno di un solo dipinto. Les Distractions de Dagobert è una delle opere simbolo del movimento dei sogni, un insieme di visioni e suggestioni immaginifiche che esemplificano al meglio la poetica della corrente codificata da André Breton nel 1924.


Les Distractions de Dagobert rappresenta in maniera allegorica e allusiva la vita di Dagoberto, re merovingio che governò la Gallia all’inizio del VII secolo, popolarmente ricordato come un sovrano dissoluto, con uno spiccato gusto per l’eccesso sessuale e un amore sfrenato per il lusso. Carrington ne racconta la figura allestendo un elaborato tableau diviso in quattro sezioni che rappresentano i quattro elementi: Terra, Aria, Fuoco e Acqua.


All’interno di ogni vignetta lo spirito di Dagoberto viene metaforicamente dettagliato facendo riferimento ai soggetti più disparati: da vulcani spettrali e laghi di fuoco a mondi acquatici dominati da un gigante bifronte che regge un pesce palla dalle fattezze umane. Si tratta di riferimenti che attingono da influenze disparate, come la mitologia irlandese, le teorie alchemiche, la Kabbalah e soprattutto la cosmologia indigena messicana. L’opera, infatti, fu dipinta nel 1945, due anni dopo l’arrivo di Carrington in Messico, divenuto a metà secolo la seconda patria del Surrealismo, dopo Parigi.


Non è un caso che nel 1942 Carrington abbia scelto il paese centro americano, un’oasi surrealista dove potersi esprimere con più libertà di quanto potesse fare in Europa sotto l’egida di Breton, sacerdote a tratti dispotico del movimento. Una volta a Città del Messico si è inserita nella comunità dei surrealisti “in esilio” composta da Remedios Varo, Wolfgang Paalen, Alice Rahon e altri, nonché ai pittori messicani moderni come Frida Kahlo, Diego Rivera, Miguel Covarrubias e Carlos Mérida. Les Distractions de Dagobert è l’opera simbolo di questo periodo di rinascita messicana di Carrington, dove contamina l’eredità europea – da Bosch a Bruegel – con le influenze locali.


Leonora Carrington

Nasce a Chorley, Gran Bretagna, il 6 aprile 1917 in una famiglia alto borghese. Inizia la carriera artistica in giovane età: dopo aver appreso le prime nozioni di pittura a Firenze, ritorna in Inghilterra e si trasferisce nel 1936 a Londra, dove frequenta prima la Chelsea School of Arts e poi i corsi di pittura tenuti da Amédée Ozenfant nell’omonima accademia.


Un anno dopo conosce Max Ernst: lei ha diciannove anni ed Ernst quarantasei. Insieme partono per la Francia, dove entra in contatto con i protagonisti del Surrealismo, tra i quali Jean Arp, André Breton, e Yves Tanguy. Dopo aver vissuto a Parigi in rue Jacob, a poca distanza dall’abitazione di Pablo Picasso, Carrington ed Ernst si trasferiscono a Saint-Martin d’Ardèche, dove rimangono fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale.


Durante la guerra Ernst è fatto prigioniero poiché la sua nazionalità tedesca lo rende in Francia un nemico straniero e Carrington fugge in Spagna, dove in seguito a un grave esaurimento viene internata in un ospedale psichiatrico.


Le sue esperienze vengono raccontate in Down Below (1944), libro che l’artista scrive su suggerimento di Breton. La scrittura è un’attività che prosegue e approfondisce, creando uno stile personale ispirato ai temi e alle visioni oniriche del Surrealismo. Figura importante nell'ambito dei surrealisti in esilio negli Stati Uniti, Carrington è ritenuta una sorta di musa ispiratrice da più di un pittore.


Dopo la guerra si sposa con un diplomatico, Renato Leduc, e con lui si trasferisce prima a New York nel 1941 e l’anno seguente in Messico, dove rimarrà per quarant’anni. Il Messico è il paese ideale per lo sviluppo della sua arte, ricca di figure enigmatiche e mitologiche legate al mondo del passato archeologico e soprattutto al mondo dei miti religiosi.


Nonostante le sue origini europee, Carrington è riconosciuta come una delle maggiori figure del Surrealismo latino-americano. L'artista muore a Città del Messico il 25 maggio 2011.

Crediti

Scrittura Orsola Rignani

Composizione performativa, installazione, costumi Maria Federica Maestri

Drammaturgia, composizione visuale Francesco Pititto

Performer Victoria Vasquez Jurado (soprano), Tiziana Cappella, Nicole Dayanna Gonzales, Ivana Manferdelli, Agata Pelosi, Carlotta Spaggiari

Action writing Orsola Rignani

Cura Elena Sorbi

Organizzazione Ilaria Stocchi

Cura tecnica Alice Scartapacchio

Responsabile di produzione Giulia Mangini

Comunicazione, ufficio stampa Giovanna Pavesi

Cura grafica, diffusione Alessandro Conti

Documentazione fotografica Elisa Morabito

Produzione Lenz Fondazione


Progetto finanziato con i fondi FAPE dell'Università di Parma

E con il sostegno di Ministero della Cultura, Regione Emilia-Romagna, Comune Parma, AUSL DAI SM-DP, Fondazione Monteparma

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