LA QUANTITÀ PROFETICA E L’ACQUA
Francesco Pititto
Diverse sono le immagini imponenti contenute nei capitoli, la nube sopra la tenda di Dio, le trombe d’argento, la giovenca rossa, il serpente di bronzo, l’asina, le conseguenze contenute nelle nuove leggi. Immagini e situazioni che configurano diverse affinità con il nostro presente, così precario sui principi, sul rispetto della terra, timoroso delle diversità e propenso più a chiudersi che ad aprirsi al rischio del nuovo.
I due pilastri della drammaturgia, però, si rivolgono in particolare alla questio della quantità intesa come somma di individui accomunati da una missione profetica – tra conquista e terra promessa - e a quella dell’acqua, elemento vitale al raggiungimento degli scopi divini e umani, alla rappresentazione conscia e inconscia di questo elemento.
Per Jung l’acqua era una metafora dell‘inconscio. Nello studio dei simboli connesso alla psicologia del profondo all‘acqua viene attribuita estrema importanza: è un elemento indispensabile alla vita ma non nutre, è simbolo fondamentale di ogni energia inconscia e pertanto è anche pericolosa quando si presenta travalicando gli argini che le sono propri (psicosi).
La parola majim, “acqua”, risuona oltre 580 volte nell’Antico Testamento, come l’equivalente greco hydor ritorna un’ottantina di volte nel Nuovo.
Circa 1.500 versetti dell’Antico e oltre 430 del Nuovo Testamento sono “intrisi” d’acqua, perché oltre ai vocaboli citati c’è una vera e propria costellazione di realtà che ruotano attorno a questo elemento così prezioso, a partire dal pericoloso jam, il “mare”, o dal più domestico Giordano, passando attraverso le piogge (con nomi ebraici diversi, se autunnali, invernali o primaverili), le sorgenti, i fiumi, i torrenti, i canali, i pozzi, le cisterne, i serbatoi celesti, il diluvio, l’oceano e così via.
Per non parlare poi dei verbi legati all’acqua come bere, abbeverare, aver sete, dissetare, versare, immergere (il “battezzare” nel greco neotestamentario), lavare, purificare. _ Al popolo assetato, che mormora per la scarsa fede Dio risponde con il prodigio della sorgente scaturita dalla roccia.
Anche la ricerca sulle immagini generate dalla scrittura del testo originale di Lenz – imagoturgia – e viceversa i versi rigenerati dalle immagini si riferiscono principalmente all’acqua, alla sua mancanza, alla sua forza di determinare il paesaggio, ivi compreso il paesaggio degli umani e non umani. Poi la quantità prosciugata e ristretta in una individualità, in un essere solitario – unico bipede nel quadro – in una reciprocità di contrari che creano un vuoto colmo di presenza, come se tutta l’umanità fosse implosa in quell’unico essere vivente.
Il luogo prestato al testo d’immagine, alla drammaturgia visuale, è uno spiaggione del Po in secca, dove calura e arsura delineano forme prospettiche e onde d’aria che muovono i contorni.
Solitario in quel paesaggio abita il Poeta.
NUMERI di Lenz è solo idealmente riferito al Libro dei Numeri, il quarto libro dell’Antico Testamento. La numerazione degli esseri, il censimento che elenca e denomina corpi da ri-conoscere, i viandanti nel deserto come testimoni alla prova del dolore e del riscatto sono nuova materia di riflessione, dopo la Genesi, un nuovo concentrarsi sul senso del teatro contemporaneo e sul significato di rappresentazione.
NOTARE E RIVIVIFICARE LE TRACCE DEL QUI
Maria Federica Maestri
Rivelare i resti del sacro | Reinstallare il monumento funebre | Rifluttare il voltaggio della centrale elettrica
OCCLUSIONE DELLE CAPPELLE E DELL’ABSIDE
La pittura-apparizione occlude la visione dello spazio del mistero eucaristico e sintetizza il manifestarsi transitorio delle nature vive di morte. Scorrimento elettrico del limite, scomparsa dell’orizzonte: riflesso cromatizzato di minuscole terre promesse.
NATIVITÀ FUNEBRE
La culla magra sudario traforato-nuvola-tenda di Mosè insieme involucro femmineo-bendaggio di Miriam la sorella lebbrosa – unica voce/corpo di donna biblica – è vibrazione post-marmorea del monumento funebre neoclassico e sentimentale (dell’Ottocento caduto nel silenzio e nell’oblio) dedica amorosa di Maria Luigia al marito morganatico.
ACQUASANTIERE PLATONICHE
Nel banchetto denutriente la conchiglia strappata al fondo marino, amante omofila per sempre separata dall’altra sua metà – calcarea e dura – racchiude unica e spezzata la perla liquida per il battesimo del vecchio rabdomante, neoTiresia dalle tette appassite di eliotiana memoria.
ESPOSIZIONE DELLE VOLTE
La concavità delle volte dorate rispecchiata nei gusci di gasteropodi – uno in replica multipla e perpetua – contiene il contenuto dell’unico atto salvifico compiuto dalla mano fertilizzante concava della valva carnosa della martire cristiana (la chiesa eretta nel 985 d.c. conservava le reliquie di Santa Felicola, la santa martire che non volle maritarsi e sacrificare agli idoli).
L’ALTARE PERDUTO
Depauperato della sua mensa celebrativa, desertificazione della parola-corpo e sangue del Cristo, lo spazio cultuale si fa recinto anti- sacrificale e camera di adorazione dell’animale, spazio di ebrezza, di rinvigorimento del vecchio Aronne, di rivendicazione del fisico sul metafisico. Il vitello immobile e grondante di dorature fasulle è il re del luna park. Memoria solida e vetrificata dell’olocausto, del sacrificio e del dolore è inno alle gioie senza alcun domani ultraterreno. Idolo del membro avvizzito si protende verso i fedeli e gli infedeli con la lingua calda del sogno. Il risveglio scheletrico del suo cranio inghirlanda il ritorno al mio presente.
COMPOSIZIONE SONORA
Andrea Azzali
Il lavoro di costruzione del tessuto sonoro dell’opera viene definito attraverso l’analisi di due elementi principali, presenti nella scrittura drammaturgica.
La prima parte viene sviluppata attraverso campioni dell’opera Moses und Aron di Arnold Schönberg. Questi campioni presi senza continuità narrativa vengono rielaborati e strutturati in parallelo al testo e alla drammaturgia. L’elaborazione consiste nell’utilizzo di diversi algoritmi (granulatori, filtri, distorsori) che incrementano la collocazione semantica e lo spazio-temporale del testo, un altrove sonoro di diversa natura che introduce nuove forme di relazione tra ritmo e parola, tra musica e immagine.
La seconda si ispira al testo biblico. Nel quarto libro NUMERI del Pentateuco il popolo in esilio viene censito, la quantità si definisce in ordine alla necessità, il popolo è suddiviso per età e genere nella prospettiva della guerra per la terra promessa. Attraverso un gioco numerico, questi valori e pesi differenti danno origine ad una serie di cifre, nuove numerazioni, che generano frequenze sonore.
Tali frequenze vengono poi inserite in una successione seriale che è la base della composizione. Il materiale sonoro - la massa di suoni e ritorni canori - viene generato attraverso l’uso di generatori di onde sinusoidali, trattate con filtri e poi ricomposte, di pari passo al contesto scenico e all’azione performativa.