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Notevole Assenza


Parenetela_Beatrice Baruffini


Beatrice Baruffini pone la sua attenzione su come sia cambiata la definizione stessa di violenza, cosa debba essere recuperato per individuarla, per nominarla e distinguerla, quale sia la natura e quali le sovrastrutture che l’hanno sfumata, dandole spesso un ruolo sociale confuso, così da potere arrivare a riconoscerla o disconoscerla.

Il progetto

Il festival internazionale di arti performative Natura Dèi Teatri ha attivato a partire dal 2022 il progetto Parentele, basate non sulla continuità biologica ma sul riconoscimento di affinità e differenze e possibilità di coesistenza.


Parentele ricerca nuovi modelli performativi naturalculturali, ibridando filosofia, mitologia, scienze e arti, e nel prossimo triennio 2025_2027 sarà ulteriormente suddiviso nelle sezioni:


Permanenze

Attivazioni di relazioni associate al progetto produttivo di Lenz, in un’ottica di legacy e trasmissione, per allargare la geografia artistica della Fondazione.

Artist3 in dialogo per il 2025:


Beatrice Baruffini ~>


Alessandro Conti ~>


Lorenza Guerrini ~>


Orsola Rignani ~>


Soste temporanee

Accoglienza di artiste invitate a produrre progetti di durata annuale.

Artista sostenuta per il 2025:

Muna Mussie.


Introduzione


In certe circostanze la violenza – agire senza discutere né parlare e senza pensare alle conseguenze – è l’unico modo per rimettere a posto la bilancia della giustizia

Hannah Arendt


C’è stato un tempo in cui le narrazioni e le azioni si muovevano attraverso rapidi atti di violenza. Fiabe, favole, miti, rivoluzioni, pratiche e tradizioni: le persone erano disposte ad accettare la violenza, come forma di giustizia terrena, a volte come eredità di un pensiero arcaico, altre come reazione ad un diverso futuro imminente forse ancora possibile.


Come sia cambiata la definizione stessa di violenza, cosa debba essere recuperato per individuarla, per nominarla e distinguerla, quale sia la natura e quali le sovrastrutture che l’hanno sfumata, dandole spesso un ruolo sociale confuso, può servire per riconoscerla o disconoscerla.


Provare a interrogarsi oggi sul significato collettivo e politico della violenza come atto e come sentimento, come forma estetica e come sostanza, alla luce della relazione che esse possa avere con il potere e con gli atti che prendono forma per scandire la storia, ci porta a chiederci come sia mutato il concetto stesso di violenza.


Richiamare alla mente le teorie di Hannah Arendt per scavare un solco o tracciare congiunture, porre queste riflessioni sul presente è un tentativo di risignificare alcune azioni o prassi che appaiono o scompaiono, si ripresentano o si allontanano da ciò che siamo.


La repressione della violenza dalla collettività passa all’individuo. Si soffoca la rabbia, sentimento che spesso è considerato socialmente non accettato, con la possibile conseguenza dell’accettazione di un destino segnato, immutabile al quale nessuno si oppone più.


“Soltanto dove c’è ragione di sospettare che le condizioni potrebbero cambiare e non cambiano scatta la rabbia” (H. Arendt): sempre meno sono gli esempi di pratiche in cui la furia non si fa viva, viene soffocata e taciuta. Senza nominarla, non siamo neanche più in grado di trasformarla, di usarla come spinta creatrice di un grido disperato.


Ci siamo chiesti se abbiamo nostalgia della violenza o se questa sua assenza, non è altro che un non saperla riconoscere, abituati a una disumana obbedienza che ci fa essere indulgenti con un tempo duro e ostinato che non bada più a noi.

Crediti

Da Sulla Violenza di Hannah Arendt

Composizione performativa Beatrice Baruffini

Consulenza drammaturgica Riccardo Reina

Direzione artistica del progetto Parentele Maria Federica Maestri_Francesco Pititto

Cura progetto Elena Sorbi

Organizzazione Ilaria Stocchi

Comunicazione, ufficio stampa Giovanna Pavesi

Diffusione, cura grafica Alessandro Conti

Documentazione fotografica Elisa Morabito

Documentazione video Lapino Nero

Produzione Lenz Fondazione

Immagini

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