GENESI SACRE SCRITTURE PARADISO PERDUTO - ORIZZONTE DEGLI EVENTI
C’è stato un tempo, prima dell’inizio del tempo?
Il forte impatto visivo, quasi cinematografico della partitura di Die Schöpfung di Haydn, che tra recitativi, arie, pezzi d’insieme e cori porta a esplosioni orchestrali originarie, all’apparire della prima luce, alla precisa descrizione della Natura e degli animali, ai poetici duetti amorosi di Adamo ed Eva fino al ringraziamento finale a Dio, tutto questo Caos linguistico, compresi gli effetti potenti beethoveniani e le raffinatezze mozartiane rende La Creazione di Haydn un’opera assolutamente contemporanea. Le figure - gli Arcangeli, Adamo e Eva - sono portatrici di innumerevoli stimoli linguistici. Per altro i temi sviluppati sono tuttora presenti, proprio perché senza tempo, nell’arte e nella cultura contemporanei.
Mettere in relazione il limite della “prospettiva umana”, la dimensione umana del tempo e le ultime ricerche scientifiche sull’origine dell’Universo, o degli universi, nonché sulla comparsa del primo uomo e della prima donna sulla Terra è argomento drammaturgico di notevole interesse e complessità. Al pari della ricerca scientifica e teologica, pensiamo che quella artistica possa contribuire a sviluppare nuovi orizzonti di conoscenza e di profonda azione intellettuale sia tramite l’esperienza dell’atto concreto sia mediante la messa in musica del canto.
Incrociare la sequenza biblica della Genesi fino ad Adamo ed Eva e nel contempo rispecchiarla nell’alter ego poetico di Paradise lost di Milton con lo sguardo e la strategia di Satáno per il tempo a venire diventa un acceleratore della dinamica drammatica - con i suoi angeli in mezzo all’inferno, non nel centro del mondo perché il cielo e la terra non c’erano ancora, ma in un luogo di tenebre chiamato Caos - perciò un doppio caos che, come due buchi neri roteanti che si scontrano in un duello cosmico di infinita potenza, fa nascere un abisso roteante grande come miliardi di soli.
Per poi fermare il tempo, azzerandolo insieme allo spazio, sull’orizzonte degli eventi.
Un vorticare di versi, di ripetizioni, di lamentazioni, di direzioni lineari e labirintiche con i soli strumenti del corpo, della musica, delle immagini. Dal libero arbitrio al peccato dell’origine, l’oratorio di Haydn si scompone in una struttura granulare che si proietta nello spazio scenico come frammenti di atomi, pezzi di stelle e di pianeti non ancora composti, in un movimento di espansione sonora come un’onda cosmica che ancora non udiamo ma che iniziamo a intravedere.
Creare è verbo che appartiene all’arte, dove tutto si crea dal vuoto che tutto contiene, dove ogni atto umano si aggancia al pensiero e insieme proiettano nello spazio dei segni infinite variabili di senso e relazioni a distanza.
L’unico ‘spaziotempo’, per il teatro, è quello che inizia e finisce con il tempo della rappresentazione, tridimensionale e geometricamente corporea. Può contenere come origine di ogni cosa le parvenze di altri mondi, tramite le immagini e la musica così come pensieri, sentimenti, rifrazioni. La gravità che tiene gli attori con i piedi per terra controbilancia il ‘senzapeso’ delle parole, dei movimenti, dei simboli.
La creazione di tutto, dal precipitare lineare a quell’insignificante deviazione di uno solo degli infiniti atomi che muta le cose, il presente e il futuro, implode in una drammaturgia che attira a sé leggende bibliche, poemi barocchi, formule matematiche in una sequenza di eventi che ha come fine la dimostrazione di possibilità differenti, la libertà dell’errore, la singolarità del creare e ricreare il mondo, di big bang in big bang, all’infinito.
La gravità tutto tiene, anche il tempo implode nella memoria di ognuno, da ora in giù fino al primo ricordo. Può essere questa direzione inversa a condurre il gioco drammaturgico, un testo all’incontrario, dalla fine all’inizio, da ora fino al primo quasi impercettibile ascolto di una voce, di un rumore, di un suono. Da Adamo ed Eva sprofondare fino al punto da cui tutto inizia, e da lì all’inconoscibile irrilevante per la scienza, almeno per ora.
E i versi cadono, si scontrano con altri versi, immagini, azioni, canto e suono ricreando un caotico movimento d’insieme, imprigionato nel tempo del rito che ricrea il creato.
IMAGOTURGIA DELLA CREAZIONE
Francesco Pititto
Le immagini riportano un tempo che implode, come l’angelo che ci guarda precipitando all’indietro o cadendo verso l’alto, come le galassie che si mostrano com’erano un tempo di miliardi di anni fa, come un capovolgersi della linearità che procede verso l’apparire del primo volto, dal caos del primo giorno.
Prima il volto, poi un’alba capovolta che è già tramonto, la prima materia filiforme, i primi vegetali, i primi vertebrati, la vita che inizia a volare, la creazione del primo uomo e della prima donna, il volo degli angeli beati e quello degli angeli caduti.
Poi il ritorno, la ricaduta nel liquido amniotico, dentro una pancia calda e nutriente di uno spazio materno che tutto risucchia, riduce, concentra. Fino a quel punto nero, sempre presente in ogni macro o microcosmo di atomi cadenti, in ogni istante vitale, fino alla dimensione incalcolabile prima del nuovo inizio. Di nuovi universi.
Sono immagini già presenti, già nate, tra il milione di miliardi di sinapsi del cervello, come tra le somiglianti miliardi di galassie e stelle dell’universo, interconnesse e rapide, sovrapposte sequenze sfuocate che ingoiano l’agire dal vivo di canto e parola.
Immagini cristallo dentro una bolla di senso, dentro un inizio di tutti gli inizi, come una contemporanea Rosebud wellsiana di memoria infinita.
Il doppio velo trasparente e semicircolare della scena ospita l’immagine, la contiene e la curva come lo spaziotempo si piega alla massa dei corpi, nella scena quadridimensionale dove il tempo fluttua tra un prima e un dopo, e insieme materia e immagine fluttuano tra passato e presente.
L’istante dell’istantanea
La flashata, il lampo di luce e poi la materia in fieri che esce dal suo involucro.
Il procedere chimico, in azione con luce e temperatura, fa crescere la forma impressa sul piano sensibile, la svela in un crescendo di pigmenti cristallini e processo termico.
In un istante la luce introduce il virtuale, attraverso il foro a griglia che ne stringe e dirige l’accesso, l’informe nascosto nel magma scuro della soluzione rivelatrice.
Istantanea dell’istante, il reale si sdoppia e riappare alchemica e unica, sullo specchio del virtuale. Il tempo prima imprigionato, si spalma sul piano cartaceo insieme al reagente, attarda la sua fine, e spegnendosi asciugando fa ascendere l’immagine dal mondo reale.
Limatura delle unghie, polvere di stelle
Questi miliardi di miliardi di atomi sono materia intergalattica, viene da distanze cosmiche di migliaia di anni luce e infine si è fusa, riunita, compressa dalla sua stessa gravità.
Le stelle sono dentro di noi, l'azoto nel DNA, il calcio nei denti, il ferro nel sangue, la cheratina compatta delle unghie.
La polvere dell’unghia limata è materia umana e materia cosmica, come la polvere dei corpi destinati a chiudere il cerchio del tempo mortale, polvere alla polvere, polvere della polvere.
Non è così l’inizio, non è così prima dell’inizio?