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Iphigenia in Tauride

Dittico scenico musicale sul sacrificio delle innocenti


Simboli, rituali, azioni autobiografiche della potente performance del 1969 di Joseph Beuys Titus-Iphigenia sono state ispirative per questo secondo capitolo del dittico dedicato al mito di Ifigenia. La drammaturgia originale di Iphigenia in Tauride di Lenz è tratta dal dramma di Goethe Iphigenie auf Tauris (1787) e dall’opera di Gluck Iphigénie en Tauride (1779).

Il progetto

IPHIGENIA

Progetto Biennale 2018-2019

Dittico scenico musicale sul sacrificio delle innocenti



2018 IPHIGENIA IN AULIDE

Ah! Qu’il est doux, mais qu’il est difficile

Ah! È dolce, ma difficile

da Euripide e Gluck < Creazione M.F. Maestri e F. Pititto


2019 IPHIGENIA IN TAURIDE

Ich bin stumm

Io sono muta

da Goethe e Gluck < Creazione M.F. Maestri e F. Pititto

con il patrocinio del Goethe-Institut Mailand

Introduzione

Il quadro visivo su cui si infrangono le acque del Mar Nero che bagnano le rive di Tauride - l'attuale Crimea - definisce la linea di orizzonte che separa Iphigenia dalla patria e dagli amati. Sola, esiliata in una terra straniera in cui vigono usanze inumane, il sacrificio degli stranieri che approdano sulle coste di Tauride, vive come un'ombra in un bosco sacro, custode muta del santuario dedicato a Diana, la dea pietosa che in Aulide l'aveva salvata dal suo tragico destino di morte.


Nel centro dell'area scenica, sospese tra i rami metallici di piante meccaniche, si stagliano le corna della cerva sacrificata al posto di Iphigenia, il giorno in cui il padre Agamennone, per propiziare la partenza delle navi alla volta di Troia, aveva deciso di sgozzare la figlia.


Sul fondo, sospesa anch'essa su un tripode metallico, una colonna spezzata in due tronconi, memoria e presagio della rovina della casa paterna; una catena di morti violente ha infatti insanguinato la stirpe degli Atridi: Clitennestra, madre di Iphigenia, per vendicare la morte della figlia ha ucciso il marito, il figlio Oreste per vendicare la morte del padre ha ucciso la madre e, reso folle dalle Furie, vaga disperato alla ricerca della propria anima. In espiazione del delitto, spinto da Apollo approderà a Tauride con l'amico Pilade per rubare la statua di Diana custodita nel santuario e riportarla in Grecia per pacificare gli dei.


A lato nella stanza di Iphigenia un giradischi suona l'opera di Gluck, una versione incisa su vinile registrata negli anni cinquanta. Il cambio del disco scandisce il tracciato narrativo e il tempo poetico della vita di Iphigenia.


Su un piccolo altare, un freddo tagliere in acciaio, è posto un lavacro per eseguire i rituali di purificazione: su quell'altare Iphigenia, disobbedendo a leggi che ritiene ingiuste e disumane, non immolerà alcuna vittima, non compirà alcun sacrificio umano, ma con un rito intimo e segreto implorerà gli dei di ritornare libera e di essere felice.


Di fronte al loro silenzio, confusa e angosciata, Iphigenia decide di osare un'azione audace e conquistare una nuova patria-corpo libera da vincoli sociali e religiosi.


Ad interpretare Iphigenia in Tauride. Io sono muta è Monica Barone, danzatrice dotata di una grande sensibilità performativa maturata nel rapporto con la propria specificità fisica. Nonostante i numerosi interventi chirurgici al volto cui deve sottoporsi fin dalla primissima infanzia, Monica coltiva e pratica con passione i linguaggi della danza contemporanea e la fotografia. Recentemente è interprete di Beatrice nella grande installazione site-specific del Paradiso di Lenz (2017).

Media

Crediti

Da Johann Wolfgang Goethe e Christoph Willibald Gluck

Traduzione, imagoturgia Francesco Pititto

Installazione, regia, costumi Maria Federica Maestri

Interprete Monica Barone

Notazioni coreografiche Davide Rocchi

Cura tecnica Alice Scartapacchio

Cura Elena Sorbi

Organizzazione Ilaria Stocchi, Loredana Scianna

Ufficio stampa e comunicazione Michele Pascarella

Media video Stefano Cattini

Assistente Marco Cavellini

Produzione Lenz Fondazione

Rifrazioni

Exibart


Giuseppe Distefano

Ifigenia in Tauride e Orestea: con due spettacoli Lenz Fondazione prosegue la visionaria indagine scenica sulla saga degli Atridi


Con un’accensione di sguardo vigorosa, Maestri e Pititto tracciano in una sola interprete una geografia di passioni assolute, non determinabili in un tempo storico, restituendo a una danza essenziale di gesti la sua dimensione rituale.

Sipario


Franco Acquaviva


Se l’energia dell’attore, e dell’attore-sciamano, ha a che fare con stati psicofisici non quotidiani, qui abbiamo l’epifania di corpi che quell’energia incarnano spontaneamente e sono per questo in grado di scuotere teatralmente lo spettatore con la forza pura della sola presenza, naturalmente disciplinata e modellata in scena dalla relazione con la regista Maria Federica Maestri.

Juliet Art Magazine


Emanuela Zanon

Iphigenia in Tauride. Io sono muta


Accoglie lo spettatore una scenografia minimalista basata su una suggestiva sineddoche concettuale e visiva che crea un’ambientazione ibrida tra il sogno e l’ossessione. Le corna della cerva sacrificata al posto della donna oscillano come un monito agganciate a un sottile cavalletto meccanico e anche il tempio di Artemide è evocato da due colonne sospese a un analogo meccanismo. In un angolo lampeggia un misterioso altare su cui troneggia un lavacro trasparente, sacrale premonizione del rituale post moderno che si compirà nei successivi 45 minuti.

dramma.it


Maria Dolores Pesce

Diario Testimonianze ricerca azioni - 5


La danzatrice Monica Barone, la cui singolarità nella diversità è capace di diventare metafora della singolarità che fonda il nostro esserci di sentieri heideggerianamente segnati nella foresta, affronta il recupero di sé nei luoghi che hanno visto la frattura e la cesura con il mondo. È un ritorno in un mondo nuovo ma che, dentro di lei, è sempre esistito, inconsapevole forse, ha da sempre bussato alla coscienza. Un percorso che ce la fa compagna, più che guida, perché i suoi passi, sovrapponendosi, diventino i nostri.

Università di Trento


Enrico Piergiacomi

Imagoturgia e imagot(e)urgia. Sul tema della rinascita in "Iphigenia in Tauride" e "Nidi" di Lenz Teatro.


L’Ifigenia di Lenz Fondazione ha una qualità che è forse definibile come “metafisica”. Le trasformazioni della donna non hanno luogo con i mezzi reali e concreti della parola o dell’azione. Ifigenia si trasforma sempre sprofondando dentro un’immagine e incarnando la visione sul suo corpo sensibile, che diventa così di colpo poetico e libero.