Orpheus:Eurydices da Le Metamorfosi di Publio Ovidio Nasone Performance del progetto RADICAL CHANGE
“Si avviarno attraverso muti silenzi per un sentiero in salita rapido, buio, immerso in una fitta e fosca nebbia. E ormai non erano lontani dalla superficie, quando, nel timore che lei scomparisse, e bramoso di rivederla, egli pieno d’amore si voltò. E subito essa scivolò indietro, e tenendo le braccia cercò convulsamente di aggrapparsi a lui e di essere riafferrata, ma null’altro strinse, che l’aria sfuggente”
Il quarto paragrafo di Radical Change, Orpheus : Eurydices_RC_04 è la performance ispirata ad una delle esperienze mitologiche greche più affascinanti e suggestive, che fanno ormai parte dell’universo culturale della società occidentale. Il mito di Orpheus, che scende nell’Ade, il regno dei morti inaccessibile agli umani, per cercare di riportare in vita la sua sposa, Eurydices, è stato al centro della riflessione di artisti, filosofi, registi teatrali, pittori e poeti nel corso dei secoli. Un lavoro che nasce da una ricerca rigorosa dei materiali plastici da utilizzare per la scena, un’attenzione ai movimenti ed ai gesti simbolici, ognuno legato ad una citazione di un determinato passaggio poetico, una sottile linea di definizione sintattica che crea una sequenza di situazioni sceniche lucide, veloci e di forte impatto.
Un giorno la bellezza di Eurydices fece ardere il cuore di Aristeo che si innamorò di lei e cercò di sedurla. La fanciulla per sfuggire alle sue insistenze si mise a correre ma calpestò un serpente nascosto nell'erba che la morsicò, provocandole la morte istantanea. Orfeo, impazzito dal dolore decise di scendere nell'Ade per cercare di strapparla dal regno dei morti. Convinse Caronte a traghettarlo sull'altra riva dello Stige e circondato da anime dannate che tentavano in tutti i modi di ghermirlo, giunse alla presenza di Ade e Persefone. Grazie alla potenza del suo canto, di disperazione e solitudine, riuscì a convincere i signori degli inferi del suo intento: fu così concesso ad Orfeo di ricondurre Eurydices nel regno dei vivi a condizione che durante il viaggio verso la terra non si voltasse a guardarla in viso. Orfeo, presa così per mano la sua sposa iniziò il suo cammino verso la luce, ma durante il viaggio sospettò di condurre per mano un'ombra e non l’amata. Dimenticando così la promessa fatta si voltò a guardarla ma Eurydices svanì ed Orfeo assistette impotente alla sua morte per la seconda volta. Elisa Orlandini rappresenta la memoria storica ed artistica di Lenz Rifrazioni, protagonista di alcuni spettacoli fondamentali per la poetica della compagnia, dalla trilogia ispirata al grande drammaturgo spagnolo Pedro Calderón de la Barca, (‘La vita è sogno’, ‘Il Magico Prodigioso’ ed ‘Il Principe Costante’) al ‘Faust I’ e ‘Faust II’, di Goethe, a ‘Scarpette Rosse’ di Andersen.
Maria Federica Maestri ha creato una situazione installativa che traduce plasticamente l’opposizione cromatica e fondativa della storia di Orpheus, che con il suo canto ammalia dèi e bestie, ed Eurydices che è ombra silenziosa, deesistente parte del regno dell’oscurità. L’Ade come non-luogo, ma scarna geometria di tensioni spaziali minime e private.Un’elegia al nero che si nutre di dimensioni materiche già sperimentate durante le altre performance, quegli ovuli che rappresentano le metamorfosi di cui parla Ovidio: in primo piano in scena l’ovulo di Eurydices in cui sono custoditi coriandoli neri, simbolo della festa di nozze intrisa di lutto, come narrata da Ovidio e Rainer Maria Rilke, il punto finale in cui si concluderà la performance. Microtesti poetici suggeriti in diretta da una trasmittente ed ascoltati in un letto auricolare, disegni neri dell’amata che si divide plasticamente da se stessa in amato sul piano trasparente della scena, un’opera che si definisce nella coincidenza tra la potenza dell’azione artistica e la necessità di separazione dall’oggetto amato. Francesco Pittitto cura come sempre la dimensione dell’immagine attraverso la proiezione, in contemporanea alla performance, di un video in bianco e nero, un ritratto orfico di Elisa Orlandini che si mescolerà alla sintassi scenica ed ai movimenti performativi. “Orpheus : Eurydices_RC_04-sottolinea Maria Federica Maestri- è il punto centrale di esplorazione del progetto e pone in sé la coincidenza tra segno artistico e necessità di separazione dall’oggetto amato. In Orpheus:Eurydices è la divisione che annuncia l’unità, per essere assolutamente uno nell’altro bisogna dividersi - o moltiplicarsi l’uno per l’altro - ma la risultanza è sempre uno. La performer che la interpreta, Elisa Orlandini, è attrice metamorfica in sé e creatura poeticamente lenziana: supera la propria grammatica attoriale e si spinge all’interno del nucleo tematico formale che sta esperendo. Rinuncia ad utilizzare il codice dell’attore per inventare, insieme al creatore, il linguaggio di quell’istante, in un rinnovarsi continuo del suo essere scenico. In continuità formale con Phoenix Death ho creato una sequenza gestuale molto stretta, ridotta alla densità fisica dell’ombra, scarna rispetto alla costante roboanza atletica di Lenz Rifrazioni. Il creatore e la performer parlano una lingua privata, gergale, un codice incomprensibile fatto di memorie e predizioni.
Con questo parlottìo segnico riempiono il letto auricolare della rappresentazione in contravvenzione apparente con il turgore orfico della sequenza video creata da Francesco Pititto. La condivisione dei tre livelli linguistici, visivo, sonoro, performativo, è al suo massimo grado e il processo di de-enfatizzazione della descrittività metamorfica al suo pieno compimento. Sarà un punto oltre il quale sarà difficile andare. È il paragrafo che contiene simultaneamente il passato ed il futuro artistico di L.R”.
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