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NEL LAGO DEI LEONI | 70’
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martedì 19 novembre | h 21.00

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© Daniela Dal Cin

Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa
NEL LAGO DEI LEONI | 70'

Dalle estasi di Maria Maddalena de'Pazzi


Interpreti < Maria Luisa Abate | Paolo Oricco | Valentina Battistone | Stefano Re
Scena e costumi < Daniela Dal Cin
Regia < Marco Isidori

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© Daniela Dal Cin

Le estasi di Maria Maddalena de'Pazzi, messe in scena dai Marcido nella "trascrittura" spiritualmente adelfica, fattane da Marco Isidori.

"Tu dici che vedrai un giorno Dio e la sua luce?
Stolto, non lo vedrai mai, se non lo vedi già ora!"
Angelus Silesius

Una vicenda affascinante quella di Santa Maria Maddalena, per il secolo Lucrezia Caterina, la mistica carmelitana appartenente all'autorevole famiglia de'Pazzi, che, alla fine del Cinquecento, nella clausura del convento di Santa Maria degli Angeli, in San Frediano, a Firenze, sorprese e spaventò le consorelle con un'infilata di estasi sconvolgenti per la natura ambigua del fenomeno, e per l'intensità emozionale che ne caratterizzò sia la forma esteriore che la profondità davvero inconsueta raggiunta in esse dalla struggente amplificazione poetica del dettato teologico.
Ciò che soprattutto risultava anormale, nella pur già scontata eccezionalità del fenomeno estatico, era la dilagante verbalità con la quale Maddalena esprimeva il suo corposo "contatto" con la divinità.
La sua "uscita dal mondo" assumeva contorni decisamente barocchi, quasi il rilievo sconcertante di una rappresentazione teatrale. A questo proposito citiamo qui la testimonianza di Padre Giovanni Pozzi, uno studioso che sulla carmelitana fiorentina ha detto parole decisive "Sentiamo che le morte sillabe inchiodate sulla pagina, stanno alla parola pronunciata, come il fiore appiattito e stinto dell'erbario, sta a quello succoso e colorito del campo.
Le suore osservano come nelle parti dialogiche la veggente imitasse il timbro vocale degli interlocutori: voce grave e maestosa quando parlava in nome di Dio Padre, dolce e piana quando in nome di Cristo; anche la sua "recita" variava passando dal parlare sommesso allo strillo spasmodico. Tutto si è scollato per sempre dal corpo primitivo. Non lente e macchinose trascrizioni (si dice qui della scrittura semistenografica che le consorelle della santa andavano componendo in "presa diretta", fermando sulla carta quanto proponeva la sua vivacissima dizione) voleva quell'empito torrenziale, bensì le meraviglie elettriche di oggi: il cinema sonoro, il magnetofono, la videocassetta. E per l'esegesi, strumenti non ancora apprestati dalla pratica, che congiungessero alle forme fisse della grammatica e della retorica le variabili del tono, del ritmo, delle accelerazioni e delle pause; la ricostituzione sensibile di un Teatro, insomma! E' un sogno!" Così Giovanni Pozzi. Ebbene, i Marcido hanno cercato di dare a questo sogno la palpabilità tangibile del reale! Maria Maddalena de'Pazzi rivive incarnata in un'attrice, che per restituire il soffio "straniero" di quell'esperienza mentale estrema: si sta parlando adesso di uno "stato" dell'essere dove l'angelo poteva andare quasi in copula col demonio e dove la sensualità sboccava volentieri in una proposizione di felice orgiasmo creaturale, che diremmo matematico, per intrinseca, lampeggiante logica filosofica; ha dovuto (quest'attrice), spogliarsi di ogni ritegnosità interpretativa, per accedere ad un piano "operativo" che bisogna di necessità definir come "altro". Maria Luisa Abate, l'attrice in questione, sfodera una gamma impressionante di tonalità che sostengono con mimesi stupefacente, sia il demoniaco più sfrontato, che l'intelligenza accecante della rivelazione divina. La "Scena", come sempre pensata da Daniela Dal Cin, ha il suo centro focale in un "sedile" disegnato per aprirsi ad una pluralità di suggestioni che vanno dalla classicità linguisticamente inevitabile di un "trono", all'inquietante sagomatura di una macchina di contenzione fisica, fino ad alludere visivamente allo strumento di morte in cui consiste una moderna "sedia elettrica".
Naturalmente, questo buio, nefasto apparato iconico, carico di espliciti riferimenti all'immobilizzazione/imbalsamazione del pensiero, che tutti patiamo a causa dell'imposizione inevitabile d'un ordine sociale umano (qualsivoglia Ordine!), viene presentato dentro un più ampio scenario, nel quale si è cercato di parafrasare un "Luogo" storicamente anfibio: set cinematografico, teatro di posa, baraccone da fiera, e quant'altro potesse fungere da contraltare ironico, atto a "sdrammatizzare" (un paradosso questo, che illumina a sufficienza la nostra idea di Teatro!) il cuore tragico della rappresentazione.
Il "Coro delle Monacelle": Paolo Oricco, Stefano Re e Valentina Battistone, ciascuno fornito di una maschera d'acciaio, commenta in controcanto l'accavallarsi fitto, implacabile nel fervore religioso della sua indiscussa "maniacalità", del folle rosario estatico, situandone il clima psicologico e quello "storico", con elegante proprietà drammatica, sostenuta però sempre, dalla chiara consapevolezza di partecipare ad un momento concelebrativo.
Il testo originale è stato "corretto/assai/corrotto" da Marco Isidori affinché le parole dell'estasi pronunciate oltre quattrocento anni addietro nella clausura di un convento fiorentino, potessero, per insistita/insistente virtù teatrale, diventar corpo scenico significativo per la sensibilità e per l'occorrenza dell'oggi.
Quanto al titolo dello spettacolo NEL LAGO DEI LEONI, esso sta ad indicare un periodo di grave penitenza, la più severa delle penitenze, l'afflizione acuta che l'assenza presso di sé del divino provoca: una condizione terribile, angosciante, che Maddalena ebbe a sperimentare costantemente e malgrado tutte le risorse della sua santità, nel corso dell'avventura terrena che le toccò in sorte; trovandosi Ella, più volte e non per poco tempo, in uno stato di totale aridità dello spirito, di completa disaffezione dal reale, di tenace volontà nello sprofondar freddo nel peccato di calcolo; tanto da farle dimenticare che il centro radiante di tutta la sua esperienza mistica fu sempre il riconoscimento dell'"Amore", la cui potenza di connessione tra i viventi, Lei ritenne rimedio sommo, salvifico a oltranza e funzionante persino contro la presunta inesorabilità della dannazione infernale.
Chiamava questo suo limbo di sperduta negligenza esistenziale, di davvero "tragica" distrazione del proprio volto psichico dal bacio di Dio: "Il lago dei leoni".
Marco Isidori

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© Daniela Dal Cin


A charming story that of Saint Mary Magdalene, previously Caterina Lucrezia de’Pazzi, who upset her fellow nuns in Santa Maria degli Angeli convent in Florence back in XVI century, with a series of intensively emotional ecstasies, whose outcome was definitely baroque, outrageously theatrical.
Marcido’s theatre cannot be recollected to any artistic label. Central points of their work are: the text seen as Music, the movement seen as Dance and the Scenography as the art that forces the inorganic to play.
A charming story that of Saint Mary Magdalene, previously Caterina Lucrezia de’Pazzi, who upset her fellow nuns in Santa Maria degli Angeli convent in Florence back in XVI century, with a series of intensively emotional ecstasies, whose outcome was definitely baroque, outrageously theatrical.